18 febbraio 2009
Albert Camus: "Lo straniero" è Sisifo?
di Emilio Michelotti
Camus pubblica “Il mito di Sisifo” nel 1942, lo stesso anno de Lo straniero. Ho buone ragioni per ritenere che “l’uomo assurdo” definito nel saggio letterario-filosofico sia esattamente Meursault, il protagonista del romanzo.
L’uomo non è assurdo di per sé, come non lo è il mondo, l’assurdità origina dalla convivenza fra i due enti, dall’estraneità irriducibile con la quale l’essere [denso di stranezza] della natura e delle cose si sottrae alla ragione.
"Ecco ancora degli alberi, di cui conosco le rugosità, e dell’acqua, di cui sento il sapore. E questi profumi d’erba e di stelle, la notte, in certe sere che il cuore si placa….come negherò questo mondo, di cui sento la potenza e la forza? Eppure tutta la scienza di questa terra non potrà darmi nulla che possa rendermi certo che tale mondo mi appartiene.Voi me lo descrivete e mi insegnate a classificarlo; enumerate le sue leggi, mentre, nella mia sete di sapere,ammetto che siano vere. Al termine ultimo, [del ragionamento]questo universo incantevole e variopinto me lo spiegate con un’immagine… Così questa scienza, che doveva tutto farmi conoscere, finisce nell’ipotesi, questa lucidità sprofonda nella metafora, questa incertezza si risolve in opera d’arte…Qual è dunque la mia condizione, se non posso aver pace che rifiutando di sapere e di vivere?”
(Sisifo, 1,II “Le muraglie dell’assurdo”)
Il mondo non è razionale né irrazionale: è irragionevole, e la coscienza dell’assurdo è la ragione lucida, che accetta i propri limiti. A Meursault il mondo chiede unità e solidarietà.
“Tutto quello che può rispondere è che non comprende bene, perché ciò non è evidente. Egli, appunto non vuol fare quello che non capisce. Lo si assicura che è peccato di orgoglio (ma egli non afferra la nozione di peccato); che forse alla fine c’è l’inferno(ma egli non ha sufficiente immaginazione per raffigurarsi questo strano avvenire);che perderà la vita immortale (ma questo gli sembra futile). Si vorrebbe fargli riconoscere la sua colpevolezza, ma egli si sente innocente.A dire il vero egli non sente che questo: la propria innocenza irreparabile”. (Sisifo, 1,I “Un ragionamento assurdo”)
Nel senso dell’assurdo sta l’accettazione della vita. Ma che significa vita in un universo del genere? Nient’altro che indifferenza per l’avvenire e passione di esaurire tutto ciò che ci è dato. La credenza nel senso della vita suppone sempre una scala di valori, una scelta delle preferenze. La credenza nell’assurdo, che è quella di Meursault, insegna il contrario:
“L’assurdo mi illumina su questo punto: non esiste un domani. Ecco ormai la ragione della mia profonda libertà…..una libertà rispetto alle regole comuni, un ritorno alla coscienza di essere volto alla morte (intesa come la più evidente assurdità)e l’evasione dal sonno quotidiano ne rappresentano i primi passi… . i principi della sola libertà ragionevole, quella che un cuore umano può provare e può vivere,….dalla quale può trarre la forza, il rifiuto della speranza e della consolazione”. (Sisifo, 1,III “La libertà assurda”)
Si è detto: Camus non è Meursault. Ma in questo, sì: entrambi rifiutano il suicidio, possono sopportare la mancanza di speranza e il destino di morte proprio perché amano la vita, intesa come contraddizione inestricabile. L’uomo è mortale e la sua condizione è la non conoscenza, eppure la contingenza dell’esistenza, la sola che si può sperimentare, è incommensurabilmente preferibile al nulla. L’assurdo non libera, vincola. Così va inteso il dostoevskiano “tutto è permesso”:
“Tutte le morali sono fondate sull’idea che un atto abbia conseguenze che lo legittimano o lo cancellano a poco a poco. Uno spirito, penetrato di assurdo, giudica soltanto che gli effetti devono essere considerati con serenità. Tale spirito è pronto a pagare, e, per dirla in altre parole: se per esso vi possono essere responsabili, non vi sono colpevoli…. Il tempo farà vivere il tempo e la vita servirà alla vita….Quale regola potrebbe, dunque, derivare da quest’ordine irragionevole? La sola verità…. si anima e si svolge all’interno degli uomini”. (Sisifo, 2, I “L’uomo assurdo”)
La scelta di un personaggio come Meursault è dovuta al fatto che questo mira esclusivamente ad esaurirsi (oppure perché Camus stesso è cosciente che si esaurisce) Niente di più.
“Voglio parlare di un mondo in cui i pensieri, come le vite, siano privi di avvenire [altrove dice: privi di eternità]. Tutto ciò che fa lavorare e agitarsi l’uomo trae partito dalla speranza. Dunque, il pensiero sterile è il solo che non sia falso. Nel mondo assurdo, il valore di una nozione o di una vita viene misurato in base alla sua infecondità”. (Sisifo, 2, I “L’uomo assurdo”)
Non credere nel senso profondo delle cose, essere indifferente, è la caratteristica di Meursault. Egli s’impossessa dello stupore dell’esistere, lo mette da parte come fardello inutile, lo brucia. E il tempo è dalla sua parte, egli non si separa mai dal tempo, ha coscienza della propria contingenza e la vive fino in fondo: non cerca l’eternità, nega il rimpianto – che è un’altra forma di speranza. In questo è simile a Don Giovanni:
“Don Giovanni ha scelto di essere il nulla….Ma dell’amore io non conosco che questo miscuglio di desiderio, di tenerezza o di intelligenza che mi vincola a una determinata persona, e il modo in cui esso è fatto non è uguale a quello di un altro.Io non ho il diritto di raccogliere tutte queste esperienze sotto lo stesso nome..amore generoso è soltanto quello che si sa,al tempo stesso, passeggero e singolare…. Don Giovanni [Meursault]trova normale essere castigato: è la regola del gioco, e la sua generosità sta appunto nell’aver pienamente accettato tale regola. Ma egli sa di aver ragione [la sua totale innocenza di assassino, n.m.]e che non può trattarsi di castigo: un destino non è una punizione…egli giunge a una scienza senza illusioni… ..per cui la sua fine è ritenuta degna di disprezzo” (sisifo,2,II “Il dongiovannismo”)
Camus, con “Lo straniero” ha messo in azione un principio che nel “Mito di Sisifo” espone apertamente, se ce ne fosse bisogno: la vera opera d’arte ha misura umana e, nella sua essenza, è quella che “dice meno”, che non spiega. Egli rifugge dal pretendere di presentare un’intera visione di mondo entro i limiti di una letteratura esplicativa: l’opera deve essere “ un brano intagliato nell’esperienza, una sfaccettatura di diamante in cui si compendia la luce interna, senza limitazione”. L’opera incarna, dunque un dramma intellettuale:
“L’opera assurda illustra la rinunzia del pensiero alla grandezza e la rassegnazione a ridursi alla sola intelligenza, che mette atto le apparenze e nasconde sotto immagini ciò che è privo di ragione. Se il mondo fosse chiaramente comprensibile,l’arte non esisterebbe….L’espressione comincia dove il pensiero finisce.…Scrivere per immagini piuttosto che con ragionamenti, è indice di convinzione dell’inutilità di ogni principio esplicativo e [invece] dell’istruttivo messaggio dell’apparenza sensibile… E’ la conclusione di un pensiero filosofico spesso inespresso, la sua illustrazione e il suo coronamento” (Sisifo,3”La creazione assurda”,I,”Filosofia e romanzo”)
Un atteggiamento, per essere “assurdo” – nel senso che dà Camus a questo termine – deve essere sempre cosciente della propria gratuità. Così è per l’opera d’arte, così è per “Lo straniero”: essa illustra il divorzio fra uomo e mondo, la rivolta, nega l’illusione e la speranza, in modo che ci si possa staccare da lei. Se il lettore vi trovasse un senso sarebbe ridicola, non rispecchierebbe la separazione e la passione, lo splendore e l’inutilità della vita di ogni uomo.
“Tenace è la speranza nel cuore umano. Gli uomini più miseri finiscono, a volte, per consentire all’illusione. Questa approvazione, dettata dal bisogno di pace, è intimamente imparentata con il consenso esistenzialista. Vi sono, così, dèi di luce e idoli di fango. Ma è la via di mezzo, che conduce agli aspetti dell’uomo, che è nostro compito trovare” (Sisifo,3,I,”Filosofia e rom.)
Kirillov, protagonista de I Demoni, ma in genere tutti i personaggi del Dostoevskij maturo, dice Camus, sente che Dio è necessario e che bisogna che esista, ma sa che non esiste e che non può esistere. E’ già il personaggio assurdo, come lo intende Camus, come Meursault, con però una contraddizione e una riserva fondamentale: che si uccide. In lui, alla logica lucida si aggiunge una straordinaria ambizione che è estranea a Meursault: vuole uccidersi per diventare dio. Una divinità ricondotta alla terra, come un Gesù che, morendo, non si sia ritrovato in paradiso ed abbia capito che la sua tortura era stata inutile, che era morto per una menzogna.
“Divenire dio, significa soltanto esser libero su questa terra e non servire un essere immortale e, soprattutto, trarre tutte le conseguenze da questa dolorosa indipendenza. Se Dio esiste, tutto dipende da lui e non possiamo niente contro la sua volontà; se non esiste tutto dipende da noi…Ma gli uomini non lo sanno e, come al tempo di Prometeo, nutrono in sé le più cieche speranze….Essi sono infelici perché sono obbligati a proclamare la propria libertà, una libertà terribile. (Sisifo, 3, II “Kirillov”)
Tutto è bene, tutto è permesso e nulla è detestabile. Ora questo mondo assurdo non pare più per nulla mostruoso: vi ritroviamo la quotidianità delle nostre angosce. Sisifo/Meursault è l’eroe assurdo: il disprezzo per gli dei, l’odio contro la morte e la passione per la vita gli procurano l’indicibile supplizio in cui tutto l’essere si adopera per nulla condurre a termine. E’ il prezzo che si paga per le passioni sulla terra. L’ora del ritorno di Sisifo verso il supplizio è l’ora della coscienza.
“In ciascun istante, durante il quale egli lascia la cima e si immerge a poco a poco nelle spelonche degli dei, egli è superiore al proprio destino, è più forte del suo macigno. In che consisterebbe la pena se, a ogni passo, fosse sostenuto dalla speranza di riuscire? Come un uomo si affatica, ogni giorno della vita, dietro lo stesso lavoro, e il suo destino non è tragico che nei rari momenti in cui diviene cosciente. Il suo tormento è la sua vittoria: non esiste destino che non possa essre superato dal disprezzo…La felicità e l’assurdo sono figli della stessa terra e sono inseparabili”. (Sisifo, 3, IV La creazione senza domani)