17 ottobre 2009

"Il fegato di Cristo" di Salvatore Nino Gallo


di Luciano Luciani

Un romanzo storico racconta i giorni di ‘Mani pulite’

Secondo gli storici, gli anni Ottanta terminarono due anni più tardi, tra l’estate e l’autunno 1992, quando, grazie ad un ‘Paese reale’ che testardamente continuava a difendere e praticare moralità e legalità, prese il via quella inchiesta giudiziaria passata alle cronache e alla storia col nome di ‘Mani pulite’. Nel giro di poche settimane, un intero ceto politico- affaristico - malavitoso fu costretto, ignominiosamente, alla rotta. I protagonisti di quella stagione, ricordata ancora oggi col nome di ‘Tangentopoli’, finirono in galera oppure all’estero e chi evitò l’una e l’altro fu astiosamente segnato a dito per strada. Molti si occultarono nell’ombra, in attesa di tempi migliori tra le infinite pieghe delle amministrazioni pubbliche, dei giornali, delle televisioni impegnati in faticose opere di imbellettamento trasformistico. Su parecchi calò l’oblio della damnatio memoriae e, forse, questa è stata davvero per loro la punizione più severa.

Quella vicenda, che ben merita l’aggettivo di epocale, ce la racconta Salvatore Nino Gallo, originario di Salerno e per oltre trent’anni giornalista del “Tirreno” di Lucca e Livorno, buone frequentazioni letterarie e una grande passione per il teatro che trapela dai dialoghi intensi, sostenuti, brillanti che punteggiano il suo primo romanzo, Il fegato di Cristo.

Un romanzo storico di grande impegno narrativo, popolato da decine di personaggi, che rivisita un periodo cruciale della nostra storia nazionale recente, ripercorrendolo da un originale punto di vista: non quello degli eroi positivi, i magistrati; neppure quello degli eroi negativi; invece quello, particolarissimo, delle loro famiglie e, soprattutto, dei figli. Gemma, Roberto, Franca, Christian, Nadia, rampolli dell’Italia potente, figli degli italiani che contavano (ministri, sottosegretari, diplomatici, faccendieri di rango…) e che in maniera del tutto inusuale, repentinamente, furono costretti dagli eventi a fare i conti con una situazione affatto nuova e per tanti versi incomprensibile: la stima, il consenso, il rispetto che sempre avevano circondato le loro famiglie si rovesciarono nel loro opposto. E questi giovani, tra rabbia e stupore, si trovarono a essere oggetto degli umori e dei malumori della piazza mentre assistevano ai convulsi, un po’ ridicoli e un po’ patetici, tentativi dei genitori di limitare i danni politici, giudiziari e salvare le apparenze.

Le complesse dinamiche del romanzo si sviluppano e si complicano attorno al sentimento che lega due ragazzi, Marco, povero, meridionale, laureato ma costretto per vivere a lavorare come bagnino in uno stabilimento balneare e Gemma figlia di un onnipotente ministro della Prima Repubblica. E non sarà la condizione sociale a perderli, come spesso accade in tanta narrativa al sapore d’appendice; piuttosto un acutissimo senso di colpa, personale e sociale, che troverà soluzione soltanto in un estremo, radicale atto di redenzione individuale e collettivo insieme. I giovani, ancora una volta, sono chiamati a pagare il prezzo degli errori dei padri, gli adulti, tutti, nel romanzo di Gallo, presentati come complici tra loro, moralmente e umanamente inadeguati.

E, sullo sfondo, sempre serena e imperturbabile quella vetrina dell’Occidente benestante e benpensante che è Forte dei Marmi, i suoi stabilimenti balneari, le piazzette, i celebri caffé dove continuano, imperterriti, a consumarsi i riti tipici delle vacanze estive. Ed è su questo scenario, sempre luminoso e misurato quasi per statuto, che si realizza il disvelamento della natura vera del potere di tanti ospiti illustri, che, uno dopo l’altro, quasi per un ‘effetto domino’, precipitano rovinosamente dagli altari alla polvere.

Salvatore Nino Gallo, Il fegato di Cristo, Edizioni dell’Erba, Fucecchio, pp. 316, E. 13,00