14 ottobre 2009

“Il pazzo di Bergerac” di Georges Simenon



di Gianni Quilici
Ho letto soltanto una decina di romanzi dei centinaia scritti da Georges Simenon e leggendoli ho pensato: “Sarebbe bello scrivere di ognuno di questi una nota-recensione senza tanti fronzoli, che andasse al cuore di ogni scrittura per valutarla, al di là della storia e del piacere che (essa) può procurare. Perchè ho pensato che Simenon ha scritto moltissimo e, a libri pieni e densi (“Il treno", "I Pitard" tra quelli da me letti), si alternano altri che ho l'impressione che nascano dal mestiere e da una inesauribile osservazione e immaginazione.

Questo, “Il mostro di Bergerac”, è, per buona parte, “attraente”.
Nel primo capitolo si potrebbe pensare ad un film con Harrison Ford nei panni di Maigret. Un treno, le cuccette, l'aria calda e soffocante, un uomo che non sta fermo un momento, che respira in modo irregolare, Maigret che non riesce a dormire e si innervosisce, l'uomo che scende dalla cuccetta, si lancia nel corridoio, apre uno sportello... il treno che rallenta, l'uomo che salta giù, poi, un attimo di riflessione ed anche Maigret, il treno ha rallentato ancora, si getta nel vuoto...
Ferito gravemente ad una spalla lo troviamo poi disteso in un albergo di Bergerac nel Perigord e lì diventa un po' il James Stewart della “Finestra sul cortile”, perché, anche dalla finestra che dà sulla piazza principale, osserva protagonisti e non dei fatti terribili, che stanno accadendo a Bergerac: un pazzo ha ucciso due ragazze: una bella donna di 30 anni e una ragazzina di 16 anni, strangolandole; una terza è riuscita a scappare.

E' forse questo l'aspetto più originale del “giallo”: non il movimento (di Maigret), ma la stasi. Una stasi in cui a muoversi è l'occhio, una sorta di campo lungo sulla piazza, che crea, per un verso, uno sfondo, una comunità della provincia francese impaurita ed eccitata; per un altro, la possibilità per il commissario di immaginare oltre. Una stasi, che mette naturalmente in moto, anche, la riflessione su quella concatenazione di indizi attraverso cui Maigret risolverà il caso.

Qui c'è forse il limite del romanzo. Alla fine tutto deve tornare, tutto deve essere capito e risolto. Non si vivono dei processi psicologici, si assiste soprattutto ad una spiegazione. Certamente ci sono situazioni esistenziali: solitudini e ambizioni, amori e orrori, ma rappresentati più dall'esterno che dall'interno; come pure ci sono personaggi caratterizzati, ma in figure già incontrate nei romanzi.

Georges Simenon. Il pazzo di Bergerac (Le fou de Bergerac). Traduzione di Laura Frausin Guarino. Adelphi. Pag. 142. Euro 7,00.