Non sempre ne siamo consapevoli, eppure tutti noi abbiamo un debito con gli anni della nostra adolescenza. E’ l’età del divenire, quella in cui il rapporto con la realtà è vissuto in termini estremi. Se si è felici, lo si è totalmente, attraversati da quel sentimento di euforia che con facilità si coniuga in onnipotenza. Niente appare impossibile e si è disposti a rischiare, con quella nobile incoscienza che non ritroveremo più da adulti, per perseguire il “giusto”. Difendere il migliore amico, gridare il nostro “io non ci sto” di fronte a regole imposte e non comprese, credere davvero che prima o poi “arriveranno i nostri”, e che combatteremo nelle loro stesse fila.
Ma gli anni che pressappoco vanno dalla quinta elementare alle prime classi superiori sono segnati allo stesso modo da momenti di profonda infelicità, legati soprattutto a quella che mi piace definire “la sindrome dell’incompreso”. E chi non l’ha avuta? Il percorso di dialogo con “i grandi” è complicato dall’assenza di un vocabolario condiviso. Ma non solo: le prime delusioni “sentimentali”, piccole, diremmo con il sorriso di chi guarda al proprio passato con un po’ di tenerezza e nostalgia, assumono proporzioni deformate e si fanno tiranne di stati d’animo alla Jacopo Ortis!
E’ su questo delicato arco di vita che insistono le “piccole penne” dell’antologia nata da un’intelligente cernita di elaborati che hanno partecipato, dal 1998 al 2009, al concorso riservato agli studenti delle scuole della provincia di Lucca Il Quaderno di Michele. Le voci, ora arrabbiate, ora sognanti, sono tutte registrate “in presa diretta”. Testimoni di quest’età sono le ragazze e i ragazzi che la stanno vivendo e trovano nella scrittura un efficace strumento per ammortizzare la confusione che essa porta con sé.
Una scrittura prevalentemente diaristica, ma capace anche di misurarsi con la disarmante levità della poesia e con i ritmi più meditati della riflessione saggistica. Sfogliando queste pagine ritroviamo la grazia della semplicità di fronte a temi che da adulti leggiamo con occhi appesantiti e disillusi. Come combattere lo sfruttamento minorile? Ce lo spiega Luca, dall’alto della sua saggezza di undicenne. “Secondo me, per evitare che i diritti dei bambini vengano infranti, bisognerebbe […] non comprare materiali fabbricati da loro”. Ma facciamo anche i conti con la consapevolezza seria di Rezart, cresciuto prima dei suoi coetanei, che ammette: “E’ difficile vedere tua madre che abita in una casa di accoglienza e sentirti dare la buona notte solo per telefono”.
Stupiscono, questi giovani studenti, per la loro capacità di percepire gli spazi bianchi tra le parole. Solitamente si prestano a essere analizzati e messi al giusto posto nelle caselle di statistiche e registri; eppure sarebbe sufficiente prestare loro ascolto, mettendo un po’ da parte l’atteggiamento di chi “ne sa di più”, per capire quanto bisogno abbiano di essere educati. Nel senso etimologico del termine, che non vuol dire né “ammaestrati”, né “indottrinati”, ma “portati fuori”. Ex ducere. Portati fuori anche dalla precarietà dei loro giorni, “l’età dello scemo”, come ci informa Andrea, dodici anni.
E in questo percorso il ruolo della scuola è assolutamente primario. Ce ne rendiamo conto leggendo le pagine di un libro che non avremmo tra le mani se non ci fossero stati insegnanti sensibili e attenti. Ha un suo peso specifico, soprattutto oggi, pensare al nostro tempo non soltanto come a un periodo di crisi, di declino dei parametri di riferimento, ma come a un momento proficuo in cui poter ricostruire un futuro che sia sintesi del reale e dell’ideale. La Storia insegna che sono le età crepuscolari, di confine, quelle più interessanti; e coloro che, sebbene con acume, riescono a leggere e interpretare lo sfaldamento del presente, hanno il limite di non riconoscere che il nuovo c’è, e sta crescendo. Non gli insegnanti che si confrontano tutti i giorni con la metamorfosi e con le intuizioni che secondo una bellissima espressione di don Antonio Bello, saranno in grado di “forzare l’aurora”.
I giovani hanno pensieri alti e il coraggio per proteggerli. “Forse sono troppo ingenua per capire / e per essere capita”, scrive Carolina in seconda media. No, ragazza, il tuo “sogno delicato” era anche il nostro. Puoi aiutarci a pagare il nostro debito con la tua età credendoci ancora un po’?
AAVV. Piccole penne crescono, Antologia degli scritti presentati al concorso “Il Quaderno di Michele” promosso dall’Associazione Michele Sonnenfeld – Osservatorio sugli adolescenti e gli adulti del loro tempo, pp. 128, Lucca, ottobre 2010, (sip).
Il libro si può richiedere all’Associazione Michele Sonnenfeld, via C. Lorenzini, 40 55100 Lucca tel. 0583 954614