Uno di questi è un diario “Il cinema e oltre” di Serge Daney, grande critico cinematografico dei “Cahiers du cinéma” e di “Libération”, morto a 48 anni e che, dal 1988 al 1991, tenne un diario di analisi, riflessioni, ipotesi, ricordi, incontri, di cinema, di immagini, di presente e di passato.
Lo leggo e provo il piacere di capire poco, quasi nulla. Eppure ne rimango affascinato. Perché sento che in ciò che Daney scrive non c'è esibizionismo cinefilo, e se pure si può immaginare che ci sia, esso esprime grande cultura e acutezza.
Solo che lo sguardo con cui vede cinema-film-immagini-regista non è il mio. Il mio è lineare e testuale e porta ad un giudizio o a un'impressione, più o meno, motivata.
Lo sguardo di Daney coglie dettagli, rimandi, associazioni, collegamenti concettuali che non ho visto, che non ho colto e che poco capisco.
Ma è proprio questo che mi affascina: la possibilità, che comprendendolo possa diventare domani quasi un altro, cioè trasformato, con un occhio più concatenato e imprevedibile.
Quindi la mia lettura diventa un colloquio. Non giudico, cerco di inoltrarmi o rimango sulla soglia. In attesa.
Serge Daney. Il cinema, e oltre. Diari 1988-1991. Acura di Jean-Claude Biette e Emmanuel Crimail. Traduzione di Enrico Nosei e Silvia Pareti. Editrice Il Castoro.
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