03 aprile 2012

"Ogni pensiero vola. La storia racconta" mostra fotografica di Ginfranco e Riccardo Pensa

di Luciano Luciani

Sui muri si è sempre scritto. E disegnato. Dai graffiti del Paleolitico a quelli pompeiani, paleocristiani, altomedievali… Iscrizioni calligrafiche e disegni li ritroviamo nella Valle dei Re in Egitto e nell’Agorà di Atene, nelle caserme e nelle celle delle prigioni di tutti i tempi e luoghi, nelle cantine e nelle stive delle barche. Sui banchi di scuola e nei cessi pubblici: insomma, sin dalla notte dei tempi, asserzioni di fede e minacciose provocazioni, espressioni di rabbia e/o disperazione, insulti atroci e richiami amorosi, si sono inseguiti su ogni struttura e superficie verticale (e non solo!) che la civiltà ha saputo regalare agli uomini. E questo è avvenuto e avviene ai quattro angoli del mondo – dai diversi Bronx di New York alle banlieue parigine, dalle baraccopoli di Lagos e Calcutta alle stazioni della metropolitana di Mosca – in una misura che aumenta in maniera esponenziale a mano a mano che ci avviciniamo ai giorni della nostra contemporaneità.

Psicologi e sociologi hanno parlato di una sorta di “istinto segnico”, quasi una prerogativa della condizione umana: una pulsione oscura alla ricerca di una qualche forma di incerta immortalità attraverso “operette murali” fatte ora di rozze immagini, ora di parole, ora delle une e delle altre mixate assieme. E, come avviene nella letteratura popolare e nei fumetti, anche nell’universo dei graffiti si può trovare tutto e il suo contrario: ogni tanto, in mezzo a un mare magnum di pancottiglia convenzionale e ripetitiva, capita di scorgere la pepita d’oro di un piccolo gioiello verbale, di un ignoto capolavoro frammentista, di una trasgressione aforistica, magari violenta ma geniale. I meno giovani non potranno non richiamare alla memoria la grande fioritura “graffitara” della fine degli anni sessanta. Come dimenticare la straordinarie novità comunicativa rappresentata allora (e anche oggi!) da certe icastiche affermazioni che venivano direttamente dai boulevard parigini e dalle aule universitarie del maggio francese? Ricordate? “Proibito proibire!”; “Siate realisti, chiedete l’impossibile”; “Un uomo non è stupido o intelligente: è libero o non lo è”; “Non mi liberare, me ne occupo io!”

Ogni tanto qualcuno, disturbato da un fenomeno sempre più vistoso e che in taluni luoghi urbani ha raggiunto (e superato!) il limite del buon gusto per assurgere alla dimensione più grave della deturpazione, tende sbrigativamente a censurare il muro scritto come la “lavagna della canaglia”. Per questi benpensanti, per altro in nulla disturbati dall’ossessiva invadenza di scritte, slogan, manifesti e cartelloni pubblicitari che deturpano (quelli sì!) gli splendidi scenari del Bel Paese, tutta l’attività dei writers sarebbe da ricondurre sotto un’unica, grande categoria: quella del teppismo da affrontare solo e sempre con misure di ordine pubblico.

Non siamo d’accordo, ma comunque se ne può discutere. Così come si può ragionare intorno agli antidoti per evitare gli eccessi: un’educazione diffusa al buon gusto, per esempio; crescita del senso di appartenenza a una comunità, e quindi rispetto verso i suoi luoghi e i suoi spazi; ambiti deputati per contenere e regolare quello che appare come un incoercibile bisogno di soggettività. Ma questo compete agli amministratori, agli educatori e a tutti i cittadini forniti di buon senso civico.

Una mostra fotografica, invece, persegue altre finalità: documenta uno stato di cose e cerca di farci riflettere sulle cause e le conseguenze; richiama la nostra attenzione intorno a una espressività generalizzata e capace, talora, di non rari esiti di intelligenza e bellezza, a volte cercati, più spesso inconsapevoli. Questo ci raccontano gli “scatti” realizzati con la consueta abilità e competenza da Gianfranco Pensa, con la collaborazione del figlio Riccardo, a cui non fa difetto, per fortuna, un sano, sottile filo di ironia nella scelta e negli accostamenti delle tavole. Un percorso per immagini che ci aiuta a decifrare il lungo, dissacratorio, commovente, irridente, ingiurioso, minaccioso, sgrammaticato, poetico, “libro dei muri”. E nessuno dimentichi l’ammonimento chiastico, vergato a spray, che abbiamo letto recentemente in una piazza toscana: “Muro pulito, popolo muto”.

Mostra fotografica di Gianfranco e Riccardo Pensa. Ogni pensiero vola. La storia racconta”. Atrio del Palazzo comunale di Capannori. Piazza Aldo Moro – Capannori.

28 marzo – 12 aprile


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