di Fabio Greco
Ho appena letto La
famiglia Karnowski di Israel J.Singer, fratello maggiore del Premio Nobel
Isaac (e non solo per età). E ora?
Mi arriva sempre, dopo aver letto uno dei rari romanzi straordinari
che allargano la mente e scombussolano l’anima, la paura di non riuscire a
riadattarmi alla letteratura di tutti i giorni. Così è avvenuto anche dopo la
lettura di questa epopea tragica che accompagna tre generazioni di ebrei nei
conflitti, nelle miserie, negli sconvolgimenti e nelle sofferenze di mezzo
secolo (da fine Ottocento alla vigilia della seconda guerra mondiale),
attraversando con straordinario realismo dialettico realtà diversissime come la
Polonia, Berlino, New York.
Una grande tragedia collettiva e individuale, che però Israel
Singer racconta con sguardo asciutto e
lingua limpida, onesta, senza calcare mai le tinte con la retorica, senza ricorrere mai ai sotterfugi del
melodrammatico.
E ora?
Bisognerà riadattarsi, perché non sarebbe neppure conveniente
aver sempre per le mani libri che ti fanno i vivere la vita degli altri in modo
così intenso, lancinante, talora insopportabile. Bisogna pur vivere anche la
propria vita.
C’è da aggiungere che La
famiglia Karnowski è anche una grande lezione di storia. Credo che sia
quasi impossibile trovare qualche saggio storico che sappia ricostruire con
altrettanta ricchezza documentaria, con altrettanta penetrazione psicologica e sottigliezza
antropologica la vita di intere comunità. Tra l’altro risulta evidentissimo
dalle pagine di Singer la sostanziale astrattezza dello stesso concetto di
“ebreo”, così come venne imposto dall’ideologia nazista all’Europa intera.
Nella Berlino degli anni Trenta, c’erano “ebrei” borghesi che non avevano
niente in comune con il popolino ebraico di piccoli bottegai e immigrati, e che
si sentivano tedeschi a pieno titolo, e c’era la povera gente “ebrea” che
condivideva la stessa sorte della classe operaia del quartiere accanto. C’erano
le classi, non le razze.
Consiglio dunque a tutti la lettura della Famiglia Karnowski. Soprattutto può essere un buon antidoto per
quelli che si emozionano solo con Dan Brown o con Murakami Haruki. Non gli
farebbe male tornare a piangere, ridere e riflettere sulla storia e sulla vita
reale.
ISRAEL JOSHUA SINGER, LA
FAMIGLIA KARNOWSKI, ADELPHI, MILANO 2013
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