di Luciano Luciani
Una
favola contemporanea, questo L’ombelico di Adamo, primo romanzo di
Stefano Tofani, giovane scrittore toscano: una bella prova d’Autore, la sua,
non solo divertente, ma utile alla comprensione del nostro presente nelle sue
larghe zone oscure e nei suoi rari punti di luce.
In
una fredda notte di uno degli ultimi giorni di un anno di questi ultimi nostri
malmostosi, come dal nulla, nella piazza principale di Cùzzole “uno di quei
tranquilli paesi di passaggio, pigri e anonimi, che se ne stanno adagiati tra i
monti e la camionabile” fa la sua apparizione una strana statua: un nudo
maschile, gli occhi coperti da una maschera, stretto in mano un mappamondo da
cui è stata cancellata una remota e settentrionale area del pianeta: l’Islanda.
Ma il particolare più bizzarro è quello di un perizoma leopardato che cela un
particolare anatomico (indovinate quale!) di ragguardevoli dimensioni, ma
spezzato. Nasce così la fama di Piporotto, che, ben presto, si allarga oltre i
ristretti confini municipali per assurgere a una fama nazionale e oltre. Mentre
si moltiplicano i visitatori e cresce il conseguente indotto economico di
questo inopinato, originale “bene dell’umanità”, si acuiscono anche gli
interrogativi che attraversano e agitano la piccola comunità. Chi ha collocato
lì la statua? E perché? Chi ne è l’autore? Qual è, se esiste, il messaggio
nascosto? E l’Islanda, di cui viene negata l’esistenza, cosa c’entra? Tante
domande, nessuna risposta. Va senza dire che le autorità preposte all’ordine
pubblico “brancolano nel buio”, quelle politiche cercano di sfruttare in
termini di consenso ogni novità, mentre le tradizionali dinamiche del piccolo
borgo conoscono accelerazioni e torsioni, pettegolezzi velenosi e chiacchiere
maligne … Fino a quando il mistero buffo si trasforma in tragico: dieci
settimane dopo quella straordinaria epifania che sta rendendo un paesotto come
tanti famoso in tutto il mondo, viene ritrovato un cadavere vestito, o meglio
spogliato, come l’ormai celeberrimo Piporotto. Ora, il cono d’ombra delle
insinuazioni e dei sospetti non risparmia più nessuno: non il sindaco e neppure
l’assessore alla cultura, il play boy
locale e il parroco, il barista e l’operatore ecologico che è “strano” perché
scrive poesie. E chi è davvero la giovane bella e misteriosa restauratrice
impegnata a portare a nuova vita un antico mosaico della chiesa parrocchiale?
A
poco a poco, con fatica, vincendo le reticenze vischiose figlie di tanti piccoli
egoismi personali, cominciano a emergere schegge di verità: si tratterà solo di
ricomporle in un quadro più vasto, dietro il quale si intravvedono non pochi né
piccoli interessi e intrecci affaristico/malavitosi: insomma, il nostro Paese,
oggi.
L’ordine
tornerà a regnare a Cùzzole? Sì, ma non sarà più quello di prima: sarà appena
appena migliore, un po’più sincero e condiviso, un po’ meno impastato
d’ipocrisia.
Godibile
la scrittura di questo romanzo, tutta intrisa di un umorismo sottile; ben impaginata
la storia, verosimili, nonostante l’assunto di partenza, gli scenari.
Condivisibile, poi, il messaggio d’amicizia, d’amore, di tolleranza proposto
dall’Autore, ben reso attraverso un mix lieve di ironia, malinconia e speranza:
sì, speranza, malgrado tutte le piccole e grandi miserie che ci affliggono, ci appesantiscono
l’esistenza e rendono peggiore la porzione di tempo e di mondo in cui ci è
stato concesso di vivere
Perché,
dietro Cùzzole e il suo microcosmo di storie paesane e personaggi minimi, non
abbiamo dubbi che de te, Italia, fabula
narratur.
Stefano Tofani, L’ombelico di
Adamo, Giulio Perrone editore, Roma, 2013, pp. 192, E. 13,00
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