8 dicembre: decido
di andare in Garfagnana. Dove? Boh? Poi penso: Molazzana e Sassi!
La mattina si è
già alzata da molto. Giornata fredda e solare. Nel fondovalle si toccano i 2°
laddove il sole non ci arriva quasi mai.
A Gallicano ecco
il cartello “Molazzana”. La strada sale. Di Molazzana mi ricordo molti anni fa
di essermi fermato in una trattoria alla buona, di avere mangiato bene, di
avere speso una sciocchezza. Chissà se esiste ancora! Chissà dove si trovava!
Non mi ricordo un centro storico e mi è rimasta l’impressione che il paese
fosse tutto o quasi lungo la strada.
Ci siamo! Ecco il
cartello Molazzana! Vado avanti e parcheggio agevolmente.
La prima sorpresa:
“un monumento ai caduti di tutte le guerre”. Di tutte, così è scolpito a grandi
lettere. Alzo la testa e mi trovo negli occhi una scultura, che non ha niente
di retoricamente patriottico, anzi. Una serie di corpi nudi, senza armi, ne’
divise, nudi, che si intrecciano dal basso verso l’alto, senza un volto
riconoscibile, tutti uguali, nessun eroe, tutti segnati dallo stesso tragico
destino. Non so quanto la scultura sia originale, ne’ ho la competenza per
saggiarne il valore, ma ci avverto una sua sincera forza poetica, senza
compiacimenti, asciutta.
Arrivo alla
piazza, una piazza moderna, un passaggio voltato, che porta nel centro storico
del paese. Un gatto s’incammina davanti a me, mantenendo la debita distanza,
con passo lemme e meditabondo. Subito dietro, quasi nascosta la chiesa di San
Bartolomeo. Ristrutturata più volte, come leggo, ad una sola navata, un altare
centrale e due laterali in gesso. E’ segnalato un bellissimo paliotto di fine
Seicento in legno intagliato”, che, chissà perché, non sono riuscito a
scorgere. Esco senza emozioni.
Più avanti il municipio,
donne che mi salutano sorridendo, qualche palazzo e lungo la via una scultura,
a me pare interessante, di Madonna con il Bambino. I volti chiusi, ma
espressivi, la vicinanza dei corpi e però anche una autonomia l’uno dall’altro
mi pare priva di quelle convenzionalità parareligiose di cui abbonda il nostro
patrimonio artistico.
Seconda sorpresa:
in alto le mura merlate a dominare paese e valle, è ciò che rimane del castello.
Si sale qualche scalino ed ecco, di un giallo sbiadito, la bella torre
slanciata, che divide la piazza della Rimembranza da una parte in una zona
pubblica con prato, tavolini di legno e panche, circondati da cipressi (18 per
l’esattezza); dall’altra da una casa colonica ben ristrutturata con scalini,
porta e finestre incorniciate con a lato due platani e due lenzuoli stesi alla
luce.
Infine, in una
estremità della piazza, non a caso della Rimembranza, una lapide per i caduti
della guerra 1915-18. Quanti morti per un piccolo paese: 41, li conto, 41!.
Tutti giovani o giovanissimi, immagino. Andati ad una guerra, di cui non
sentivano il senso, ne’ capivano la ragione! Un tributo di sangue innocente poi
celebrato come “sacrificio per la patria e per la libertà”. Quella patria e
quella libertà che dopo la guerra sceglieranno poi il fascismo.
E Sassi? Sarà per un’altra
volta!
Molazzana 8
dicembre 2016.
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