di Silvia Chessa
Per apprezzare
appieno questo libro bisogna saperne cogliere l'ironia: sottesa ad ogni verbo,
ad ogni virgola, ma, in assoluto, alla deliziosa iperbole dietro la quale il
prezioso Michele Serra ha velato il suo immenso affetto paterno, parlando
di "sdraiati" dal sonno alla rovescia (attivi di notte dormienti
durante il giorno).
Ogni romanziere
romanza, e non solo dal Barocco in poi ("chi non sa maravigliar vada alla
striglia!", manifesto poetico di G.B.Marino, cultore dell'artificio, che
abbiamo studiato tutti, sia che apparteniamo alla "razza" degli
"sdraiati", sia a quella degli svegli ed insonni)
Quello di Serra è propriamente un artificio, una grande e tenerissima figura retorica, attraverso la quale, per enfasi, intende dare a noi lettori delle vivide pennellate sulla incomunicabilità e sulle differenze generazionali.
Quello di Serra è propriamente un artificio, una grande e tenerissima figura retorica, attraverso la quale, per enfasi, intende dare a noi lettori delle vivide pennellate sulla incomunicabilità e sulle differenze generazionali.
Se ne ricavano delle
annotazioni giuste, in linea di massima, divertenti e sapide per vivacità e
comicità, dove la sferzante ironia verso i ragazzi (il figlio, la sua ragazza
muta, assente, assorta in un misterioso altrove come una sibilla cumana) si
mischia ad una altrettanto buona dose di autoironia (con cui tratteggia
spietatamente se stesso e la sua generazione!).
Un registro dunque
affatto critico o lamentoso, semmai lieve curioso e ironico, ottimale per
osservare bene e prendere le distanze dal surplus emotivo, esattamente come
Verga nei Malavoglia (sappiamo tutti, dal verismo in poi, come il tentativo di
distanza fra autore personaggi-vittime perdenti, persino in Verga rimanga inclinazione
e orientamento, tentativo, quindi, ma inattuabile in un a priori, e tradito, di
fatto, qua e là, dall'appalesarsi fisiologico del punto di vista autoriale e
del suo inalienabile aderire alle storie e alle cose trattate).
Nel caso degli
"Sdraiati", la necessità di distanza era doppiamente doverosa visto
che, oltre che autore, in questo specifico caso Serra era, ed è, anche padre
del soggetto-protagonista (o coprotagonista) del suo libro, nonché emblema di
una generazione, in fondo amata rispettata e giustamente lasciata libera
(malgrado stimoli, pressanti richieste genitoriali e buffissimi pseudo
ricatti), financo di attingere ad atteggiamenti, toni e registri vagamente
sprezzanti e di superiorità verso gli altri...coetanei e non, che infatti
puntualmente i giovani assumono.
Salvo poi pentirsene e, magari, confidare al proprio tatuatore di fiducia, di desiderare e sentire la mancanza di un maggior dialogo col proprio padre..
Salvo poi pentirsene e, magari, confidare al proprio tatuatore di fiducia, di desiderare e sentire la mancanza di un maggior dialogo col proprio padre..
Buone riflessioni,
dunque, e buona lettura, ricordandoci, tutti noi, che, per metafora e per
estensione, essere sdraiati non vuol dire "calpestatemi", così come
essere in piedi e dritti, vigili all'apparenza, non preclude l'essere elastici
e comprensivi. E quel tono di chi non ostenta, sobrio e dimesso, di un Serra, è
quasi sempre sintomo di intelligenza, questa sì, davvero superiore alle altre,
ma che come tale mai si sentirà o si presenterà.
Buon viaggio nelle
pagine di mille libri e della vita .. che la si trascorra scalando il
"colle della Nasca" o sempre e semplicemente le scalette del proprio
palazzo, andando a visitare i propri "vecchi", con occhi nuovi.
Michele Serra. Gli
sdraiati. Feltrinelli. Euro 12,00
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