di Gianni Quilici
Questa foto mi è
sempre piaciuta moltissimo ogni volta che mi è capitata sotto gli occhi.
Probabilmente,
perché parla al “mio immaginario remoto”. Credo, infatti, che una foto, oltre ad avere un valore oggettivo, ne può
trattenere uno soggettivo. E credo di intuire che sia proprio quel ragazzino di
Burano, che avverto libero e esemplare nella sua esibizione atletica su quello
sfondo popolare, che colpisce il mio desiderio di esserci, di esserci stato. In
fondo i celebrati punctum che Roland Barthes segnala nelle foto da lui
analizzate non sono forse dichiaratamente anche punctum soggettivi, legati,
cioè, alla sua storia?
Detto ciò, in
questa immagine lo scatto di Piergiorgio Branzi ha l’abilità di cogliere il
ragazzo nell’attimo preciso della sua performance: massima apertura delle
gambe, piedi nudi, leggerezza e equilibrio perfetto nel quale con un braccio
sostiene il peso del corpo, mentre l’altro è posato sul petto, con la sicurezza
di chi è padrone dell’atto.
Si aggiungano a
ciò due altre elementi, che sono una scelta, non una fortuita casualità:
lo sfondo e il
tipo di inquadratura.
Lo sfondo
essenziale della piazza geometrica e quasi deserta, con palazzi veneziani e
panni stesi, esalta la giravolta del ragazzo. A questo contribuisce enormemente
anche l’inquadratura dal basso a filo degli occhi del ragazzo, che non lo schiaccia, ma lo
evidenzia in tutta la sua prestazione.
Burano, Piazza
Grande. Foto di Piergiorgio Branzi. 1957.
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