25 marzo 2017

“Cascio: viaggio nella Garfagnana” di Gianni Quilici




                                  foto gianni quilici

          Mattino da viaggio. Per viaggiare bisogna aprire gli occhi. Poi la meta, vicina lontana, importa meno. Chi come me vive nella Piana di Lucca ha una possibilità abbastanza contigua: i paesi che si trovano sulle colline della Garfagnana a destra o a sinistra del fiume Serchio. Ed è per me sorprendente, almeno finora, lasciare il fondovalle e sbucare su paesi con strutture medievali dentro un paesaggio non ancora deturpato, anche se, in buona parte, abbandonato.
          Il paese di stamani, Cascio, si trova sulle colline prima di Castelnuovo Garfagnana.  La strada sale ampia e dopo 4 Km, attraverso piccole località, si arriva nel parcheggio dove la strada termina, appena prima del centro storico. Prima della bella porta di ingresso un cartello ci informa che Cascio è di origine  alto medievale, sorge lungo l’antica strada che collegava Lucca con Modena, è stato libero comune prima di essere occupata da Lucca, dalla signoria degli Estensi, di nuovo da Lucca senza neppure opporre resistenza, tanto che, riconquistata dagli Estensi, per punizione essi, gli abitanti, furono obbligati a fortificarsi a loro spese, amen.

                                 foto di gianni quilici

        E infatti una stradina sale tra pochi resti di mura fino ad un torrione semicircolare di pietre e di sassi, nel quale si percepisce ancora di più la mano e la fatica umana. Accanto ad esso una bella casa, un’entrata aperta e incorniciata, un cortile dove la ricerca del bello vive soprattutto nella cura conservativa.

                                                                 foto di gianni quilici

       Un viottolo corre lungo quelle che dovevano essere le mura e offre uno sguardo sui prati ora verdi, sui castagni nudi, cataste di legna e fioriture varie nel cinguettio diffuso che si rincorre nella mattinata di luce.   

                                                               foto di gianni quilici

       Ecco che appare dall’alto la piazzetta del paese con la facciata della chiesa neoclassica, il bel campanile e un’altra porta medievale, dove sono ricordati i morti delle due guerre mondiali e (sorpresa) i morti sul lavoro. E sulla destra il prato con stand, i tavoli con panche, dove si festeggerà domenica prossima “la festa della campagna”, come annuncia il manifesto, “ una giornata dedicata alla riscoperta degli “erbi boni” e all’arte della potatura del castagno, con passeggiate, mangiate e smondinate di fine inverno. Bella notizia di paese vivo!

                                                              foto di gianni quilici

       Più avanti il belvedere. Un luogo contemplativo! Una panchina che volge lo sguardo sulla vallata: Gallicano, Barga, l’Appennino, un tavolino grezzo di castagno nel praticello. Tutto il paese poi è puntellato di fiori e di api di stoffa come inno alla primavera. 

                                                                    foto gianni quilici

         Nella piazza c’è un bar ben curato. Dentro una donna. Basta una domanda:” Quanti abitanti ha più o meno questo paese?” , che inizia uno scambio interessante. Il centro ha poco più di 20 abitanti, ma considerando le località fuori, sempre Cascio è, ne fa… legge un giornalino… 420, la frazione più popolosa del comune (di Molazzana). Ma i tempi sono cambiati, eccome se sono cambiati! Lei ha 80 anni, che non dimostra per lucidità e freschezza, prima aveva anche una trattoria con marito e famiglia. Facevano anche pranzi matrimoniali. Ma c’era la passione nel fare da mangiare, c’era il piacere di vedere che la gente era contenta, che ti ringraziava! Oggi in molti posti non è più così. Si tira via, si fa tutto alla svelta. E’ tutto cambiato. Anche il bar con tutte le tasse da pagare e il resto ha poco senso. Ha poco senso continuare”. Per un attimo penso a tutta quella gente costretta a lasciare il proprio Paese e a tutti questi borghi (e sono tanti) nelle colline e sulle montagne italiche, sempre più abbandonati. Penso che potrebbero essere progettati per ripopolarli, per risanare territori, per riprendere attività produttive all’altezza dei mercati. Certo ci vuole coraggio, ci vogliono progetti, ci vogliono finanziamenti, ma questa è una strada, una sfida necessaria per il futuro.
                                                                 24 marzo 2017

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