26 marzo 2017

"Mori licet cui vivere non placet" di Juli Jul Argenio



"Mori licet cui vivere non placet" non viene quasi mai messa in discussione. La condanna del suicidio, in occidente, è strettamente legata al''avvento del cristianesimo. A chiunque abbia commesso suicidio è interdetta la sepoltura cristiana. Se per il mondo pagano è accettabile la decisione di morire da parte di chi non ha più voglia di vivere e, anzi, viene connotata come espressione di libertà, col cristianesimo il suicidio è irrevocabilmente peccato, violazione del quinto comandamento, tradimento degli obblighi contratti al momento della nascita nei confronti di dio, della società e di noi stessi.
 

Nel 1608 il grande poeta metafisico John Donne affrontò il tema del suicidio da un punto di vista teologico. In un suo scritto del 1608-Biathanatos, J.Donne affrontò il tema del suicidio, pur non negando l'equazione: suicidio=peccato, per quanto possa sembrare paradossale, con l'esempio di Cristo.
 Se Cristo ha scelto di morire, se Cristo si è dato volontariamente la morte, allora non si potrà più sostenere l'assoluta validità dell'equazione- suicidio=peccato. Per Donne, Cristo commise effettivamente suicidio e ciò sarebbe dimostrato dai passi evangelici in cui si dice "rese lo spirito" (emisit spiritum) al posto di morì. Dal Vangelo di Giovanni (10.15) *offro la vita per le pecore*, e 10.18 * nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso*. Per questo autore, tra l'altro uomo di chiesa, non fu la croce a togliere la vita a Cristo, ma Cristo a toglierla a sé stesso. Le sue argomentazioni mi sembrano molto interessanti, a prescindere dalla loro validità intrinseca.
 

La tesi secondo la quale il simbolo fondante del cristianesimo si sarebbe suicidato, ha fatto si che Borges dedicasse nel 1960 un suo scritto a J.Donne:
[...] l'idea barocca s'intravede dietro il Biathanatos: quella di un dio che edifica l'universo per edificare il proprio patibolo. [...]

Questo dio ripensato da Borges, questo dio erede dell'insensato, questo dio che ci dona la vita e che nell'atto stesso di donarcela se la toglie, ci consegna l'immagine di un dio che si suicida e suicidandosi ci consegna al non senso della vita.
 

ps: qualche parola sul Padre che pretende la vita del figlio, la scriverò un'altra volta. Manca poco a Pasqua, ed io sono un'accanita lettrice della storia delle religioni.
Da buona atea, mi interesso di ciò che non mi interessa. In nome di tante buffonate, risparmiate gli agnellini. Se proprio non sapete rinunciare alla carne, mangiatevi un vicino di casa insopportabile . Io vi assolvo nel nome dell'agnellino, della madre pecora e del gregge


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