27 dicembre 2008

"L'anulare" di Ogawa Yoko


di Gianni Quilici

Ciò che affascina in questo breve romanzo di questa giovane giapponese Ogawa Yoko (Okayama 1962) sono due elementi in apparente contrasto tra loro: da una parte c'è una scrittura lineare, essenziale e tradizionale in una storia che può apparire anche dimessa, perché resa al massimo grado naturale e, seppure strana, verosimile; dall'altra invece questa stessa storia si fa sempre più enigmatica ed inquietante fino a sfiorare immaginativamente, senza però mai rappresentarlo, l'horror, e, ciò che più conta, a prefigurare una metafora aperta a diverse letture (cioè ambigua) della società contemporanea e nipponica innanzitutto.

Ogawa Yoko tratteggia benissimo la protagonista: una giovane ragazza, timida e sottomessa, che ha subito una piccola amputazione all’anulare e che si trova segretaria di un laboratorio alquanto strano; invece il signor Deshimaru, proprietario del laboratorio rimane, enigmatico e inquietante, nell'ombra: forse mostruoso orchestratore, forse dotato di potere ipnotico. Il laboratorio, un palazzo fatiscente, carico di ricordi e di stanze, è lo scenario in cui il signor Deshimaru trasforma oggetti normali della vita quotidiana, che persone normali portano al laboratorio, in “esemplari” simili, simboli a testimonianza imperitura.

Un romanzo che ci trascina dentro un'atmosfera allucinata e folle nel modo più efficace: lasciandoci alla soglia e facendoci soltanto immaginare...
Immaginare non soltanto “cose orripilanti”, ma ciò che noi siamo o ciò che possiamo diventare: strumenti in mano a “qualcuno”, che può soggiogarci e da cui desideriamo essere soggiogati. Qui ci si potrebbe “perdere” in un reticolato di discorsi sociologici...

Ogawa Yoko. L’anulare. Traduzione di Cristiana Ceci. Pag. 103. Adelphi, Milano 2007. € 9.