25 luglio 2009

" Che cos'è la filosofica antica? " di Pierre Hadot


di Emilio Michelotti

Coerenza fra il dire e il fare, fra pensiero e azione, fra discorso e modo di vivere.
Alle origini della visione filosofica è ipotizzabile una scelta esistenziale, una “conversione” implicante una particolare rappresentazione di mondo, che il pensiero razionale ebbe il compito di giustificare.

E’ accaduto però che, dal Medioevo in poi, la filosofia è stata spesso considerata un’attività puramente teorica, una realtà esistente in sé e per sé. Per Hadot, imputabile di questo esito è il cristianesimo, che agì in maniera duplice.

Da un lato, già alla fine del I secolo e grazie all’ambiguità del termine Logos, Giovanni Evangelista presenta la parola col significato di Ragione-che-crea-il-mondo e, quindi, il cristianesimo come filosofia rivelata.

Le pratiche delle antiche scuole passano alla nuova religione: l’ascetismo, l’esame di coscienza come emersione della parte più elevata e profonda del sé, la meditazione di brevi sentenze sullo stile dei filosofi profani, in modo che “la ragione trionfi sulle passioni”, il distacco dalle cose inutili, fino a “desiderare che ciò che accade accada così come deve accadere”, secondo il detto di Epitteto.

L’ascesi è concepita spesso in modo platonico, come separazione dell’anima dal corpo. Philo-sophia continua a indicare un modo di vita, una trasformazione integrale, in un certo modo una separazione dal mondo. Come il seguace di Epicuro, il cristiano confesserà le sue colpe, talvolta seguirà la dieta vegetariana dei pitagorici, ricercando l’unione mistica con il Tutto.

Mi pare evidente – e molto interessante – il rovesciamento da parte di Hadot di tutta una tradizione che, da Origene a Simone Weil, legge il pensiero greco come collocabile nella categoria delle intuizioni precristiane, come anticipazione di un modello di vita (per Agostino, Platone e Cristo coincidono).

Al contrario, in Hadot, il cristianesimo originario sembra sì visto in continuità con il comportamento dei filosofi profani, ma come prosecuzione dell’ascetismo e misticismo pagani.

Per altro verso e fin dall’alto Medioevo, com’è universalmente noto, vasti settori del cristianesimo secolarizzato s’incaricarono di ridurre la filosofia al rango di ancella, o meglio schiava, della teologia, segnando il divorzio millenario fra vita e discorso.

Separati dai modi di vita che li ispiravano, l’aristotelismo ed anche il platonismo furono ridotti a semplice materiale concettuale, utilizzabile per le dispute teologiche “dai professori seduti in cattedra”.

E’ ciò che intende Hadot per “uso della filosofia come astrazione”.
Può essere di nuovo proponibile la concezione antica della filosofia – una pratica, una ascesi, una trasformazione di sé? Egli è convinto che “questi modelli corrispondano ad atteggiamenti permanenti, a una sorta di stoicismo universale”

Si può ancora “vedere l’universo con occhi nuovi, contemplare il mistero del nascere del mondo come lo si vedesse per la prima e l’ultima volta, prendere coscienza di noi stessi, reimparare il nostro essere e il nostro essere-insieme-all’altro. Spiccare il volo ogni giorno. Almeno per un attimo anche se breve, purché sia intenso”


Pierre Hadot – Che cos’è la filosofia antica? – traduz. Elena Giovanelli- Einaudi 1998