Edmund White, scrittore statunitense, così inizia raccontando la vita di Arthur Rimbaud.
E' un libro certamente personalizzato, White è un narratore non un erudito, non è però narcisista, ha il rigore, invece, dello studioso, avendo letto e indagato i testi e la vita di Rimbaud, i libri sul poeta e il contesto letterario in cui visse.
White, inoltre, è pure critico sottilissimo delle poesie del grande poeta.
Da apprezzare, infine, l'umiltà di un romanziere di successo, che si piega all'oggetto della sua analisi, quando sarebbe stata facile la tentazione di prevaricare con il proprio io come fece invece Henry Miller nel suo libro su Rimbaud “Il tempo degli assassini”.
C'è una “doppia vita” in Rimbaud come sottolinea lo stesso titolo del libro. “Poeta maledetto” fino a 21anni, poi mercante e avventuriero in Africa. Leggendo ho pensato che ci sia comunque un filo che lega i due periodi, separati, invece, nella presenza-assenza della poesia. Il filo è il bisogno di sperimentare con tutti i sensi: muoversi nello spazio freneticamente, vedere, sottoporsi a fatiche inaudite.
E' incredibile, infatti, l'elenco dei paesi e delle zone da Rimbaud attraversati, spesso a piedi (a volte ripetutamente), spesso senza soldi. Paradossalmente il periodo forse più affascinante è quello africano non solo perché è poco conosciuto, quindi misterioso (di alcuni anni non sappiamo quasi nulla), ma per la vita miserabile che visse in luoghi selvaggi e inospitali come si desume nelle sue (poche), ma lancinanti, lettere dall'Abissinia.
Si potrebbe pensare che Rimbaud abbia scritto due tipi di poesie: una con le parole, una, estremizzando la sua vita, con gli atti.
Edmund White. La doppia vita di Rimbaud. (tit. orig. Rimbaud. The Double Life of a Rebel. Traduzione di Giorgio Testa. minimun fax. 14 euro.