“Durante” come molti dei romanzi di Andrea De Carlo è travolgente: fluido, veloce, avvincente. C'è un io che parla, Pietro, che, pur essendo significativo, non è il protagonista principale, che ha appunto il nome inconsueto, e forse simbolico, di Durante. E' Durante il perno del romanzo, l'idea di un “dover essere” che Andrea De Carlo vuole trasmettere.
Durante, infatti, “incarna” l'esistenza nel modo più diretto e naturale, ma anche allo stesso tempo consapevole, progettato. Infatti egli ha diverse donne, riesce ad affascinarle e conquistarle facilmente, ha figli, vive senza fissa dimora, dorme per terra o nei fienili, passa da un lavoro all'altro, ha un rapporto diretto e sincero, e quindi anche sgradevole con gli altri, una conoscenza pratica della materia e degli animali, ed infine delle capacità sciamaniche, quasi miracolose, ed è infine anche capace di interpretare filosoficamente la sua esistenza secondo un vocabolario e dei concetti profondi...
Ora il romanzo ha diverse qualità: riesce a farti vedere, sentire e camminare sia lungo la materia e la natura (paesaggi, odori, lavori) che attraverso le psicologie (contrasti intrisi di sentimenti forti), su cui si potrebbe ragionare a lungo.
Però l'interrogativo di fondo mi pare che sia: Durante riesce ad essere il personaggio-simbolo che lo scrittore vuole trasmettere o è invece un'ideologizzazione di De Carlo?
La mia impressione è che De Carlo non riesca ad armonizzare l'esistenza con la coscienza di Durante. Lo fa troppo selvaggio nella prima parte del romanzo, in cui non sembra rendersi conto di ciò che gli altri pensano di lui, come se fosse, a loro, chiuso, mentre da quando Pietro (una sorta di co-protagonista) gli dà un passaggio in macchina verso Genova e oltre, Durante dimostra una sottigliezza interpretativa non solo su di sé, ma anche relazionale, che poco si sposa con il resto.
Andrea De Carlo. Durante. Bompiani. Euro 18,00