17 settembre 2010

“Poema del cante jondo” di Garcìa Lorca

di Gianni Quilici


Leggo un libro di poesie di Garcia Lorca: Poema del cante jondo.

Non la sua opera. Una raccolta tra tante.

Leggo che Garcia Lorca in una conferenza ha, tra l'altro detto, che il cante jondo “è un rarissimo esemplare di canto primitivo, il più vecchio di tutta l'Europa, che reca nelle sue note la nuda e commossa emozione delle prime razze orientali”

Trovo tuttavia fastidio. Sento i versi della poesia lontani. Artificiali. Manieristici. Come se Garcia Lorca volesse creare un mondo che non conosce, idealizzandolo. Idealizzandolo con gli strumenti della poesia. La parola evocativa, il sogno sensuale, la nostalgia, la musica ballata nei versi che si ripetono... Non poesia, ma volontà di fare poesia.

Forse non capirò. Leggo qualche critico per fare un (minimo) confronto. Mi imbatto in Pasolini (1) e leggo

“... una piccola poesia di Mald'stam, che è sempre bello, anche nelle cose minori (al contrario di un Ungaretti, di un Quasimodo, di un Lorca, di un Pasternak, che, nelle cose minori, sono tremendi..”.

Forse si riferirà ad un tipo di poesia come questa, forse no. E' stupido, ma mi sento un po' legittimato, legittimato dalla mia impressione.


  1. Descrizioni di descrizioni. Einaudi


Garcia Lorca. Tutte le poesie.Traduz. di Carlo Bo. Garzanti.