Ho vissuto
in un posto
dove il vento
accarezza le
spighe secche e dorate
e il lento
scorrere del tempo
è la trama stessa
delle giornate d'estate.
Da bambini
giocavamo a
rifare il verso
al vento
scivolando lunghi
sulle arsure.
Spesso
ancor'oggi
la tenerezza
ha il suono
dello scricchiolio
degli steli mossi.
Ed è in quegl'echi sfumati
che le voci di dentro
s'acquietano un poco.
Maria Luigia Longo
Maria Luigia Longo è lucana, è nata infatti a Stigliano (Matera) nel 1975, vive a Lecco, dove insegna. Conosce la nostra città e in autunno presenterà il volume di versi “Paesaggi di tempo” -Samuele editore- da cui è tratta la poesia in questa pagina riprodotta.
La Longo ha iniziato con la raccolta di versi “Stati d'animo quello che resta” -Salice editore- nel 1994; ha pubblicato una poesia-omaggio “Per Andrea Zanzotto” -Pulcino elefante- nel 2004; e ha scritto diversi racconti premiati.
Leggendo la sua poesia si percepisce progressivamente una musica che si dipana verso dopo verso con la sua scansione lenta, tenera, inesorabile, dove i suoni delle parole sono leggeri e evidenti, necessari e non ricercati. Penso a parole come accarezza, secche e dorate, scivolando, scricchiolio, s'acquietano.
Leggiamola invece per vederla come se fosse un film. Forse per associazione figurativa, ci ho visto echi del film più intenso e riuscito di Gabriele Salvatores “Io non ho paura”: l'estate e l'arsura, i campi di grano e gli steli dorati, i giochi e la lunghezza favolosa del tempo...
Queste visioni raccolgono tre elementi tra loro intrecciati: la Terra, il Tempo, i Corpi e ne rimandano il senso profondo: carnale, figurativo, storico, antropologico. Con un'osservazione. E' una poesia di memoria, che bandisce la nostalgia come tempo favoloso, idealizzato, in qualche misura, regressivo. Infatti il luogo dove Maria Luigia ha vissuto non “era”, continua tuttora ad essere “ un posto dove il vento accarezza le spighe”. Non c'è un passato che ella rimpiange, c'è un passato che scolpisce nella sua bellezza e che associa con i sentimenti di oggi (la tenerezza che ha il suono dello scricchiolio degli steli mossi e forse una laica consolazione).
Nel libro ci sono naturalmente altri temi, oltre questi: il doppio e la sua indagine, la fine di un pensiero agonizzante e lo schiudersi degli occhi a un nuovo giorno, la vita come dialettica tra l'esserci e non esserci, la poesia sepolta che ritorna, la ricerca di un'identità poetica, l'amore e la bellezza, che si trovano anche laddove c'è dolore e povertà come evidenziano i versi finali del libro.
Essi cantano: “Un'altra bellezza vado cercando/ che pure è poesia/ e ha la forza di/ trascinarmi lì/ dove/ è il puzzo/ di sudore misto al pianto/ che nutre la mia voce-il mio canto”.
da Arcipelago 51, rivista dell'Arci di Lucca