LUCCA. foto di Gianni Quilici |
Gli oggetti
parlano solo se noi parliamo a loro.
E noi parliamo a loro solo se li osserviamo come se fossero quasi
un miracolo.
Altrimenti
rimangono (a noi) muti, assenti, invisibili, anche quando non sono oggetti nati
dalla creatività umana, ma natura, che nasce, cresce, muta, muore.
Ampliare il nostro
sguardo significa assumerci, quindi, dentro tutto il creato non solo gli uomini,
non solo, come sempre più accade, gli animali, non solo la natura e gli
elementi naturali, ma anche tutto ciò (o molto di ciò) che l’uomo ha creato e che crea sempre più vertiginosamente:
la penna con cui scrivo, il computer con cui trascrivo, il pavimento di
mattonelle su cui cammino, la finestra da cui mi sporgo, la macchina lungo la
strada, la pavimentazione di pietra e così via.
Guardarci intorno,
assorbire questo pullulare di esistenze, catalogare, cogliere le forme, andare
all’anima delle cose, se e quando l’anima ce l’hanno.
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