Scartabellare per
sollazzo, nel crepuscolo del meriggio domenicale, le vecchie antologie di
storia della letteratura italiana, comparandole di poi con quelle attuali, non
solo getta in un'impagabile flanerie giocata tra incontri e scoperte; ma
restituisce la misura di quanto abbiamo perduto nelle "riduzioni"
moderne.
E' vero, forse i manuali di oggi (penso all'insuperato
Luperini-Cataldi) hanno guadagnato in bellezza
grafica (il nitore e la varietà dei caratteri tipografici e dell'impaginazione;
gli specchietti intertestuali che ti suggeriscono i nessi con la filosofia e le
arti sorelle; le "sintesi" a piè di pagina di quanto enucleato nel capitolo);
in chiarezza comunicativa (le mappe concettuali sciorinate già bell'e pronte);
in analisi testuali (nessuna antologia precedente si soffermava a mostrarti
viti e bulloni, cerniere rotanti e addentellati, piedritti e giunture, dei
testi antologizzati).
E pensando al buon tempo antico tutti abbiamo sulle
labbra un nome: il De Sanctis, il capolavoro manualistico per eccellenza, quel
volume che in nemmeno 500 pagine ha 'svecchiato' l'imponente enciclopedismo
erudito del Tiraboschi, consegnandoci il più bel romanzo mai scritto dei fatti
letterari italiani. Eppure nella scia del Tiraboschi le ottime filiazioni non
mancavano.
A questo proposito cade in taglio la "Letteratura
italiana" del D'Ancona-Bacci che un amico bibliotecario mi ha regalato,
salvando dall'oblio del macero: sei volumi plasticamente rilegati in pelle
nera, pubblicati in prima battuta nel 1892 e ristampati, con aggiunte, nel 1920.
Mi chiedo, quando
abbiamo deciso di espungere dal capitolo sulla lirica siculo-toscana e
stilnovista le meste elegie dall'esilio di Gianni Alfani ("Lei pingi come
gli occhi mia son morti/ per li gran colpi e forti/che ricevette tanto/ da'
suoi nel mio partir, ch'or piango in canto") ? Quando quel gran pianto
amoroso di Dino Frescobaldi ("Ché i miei dolenti spiriti,c he vanno/pietà
caendo, che per loro è morta/ fuor della labbia sbigottita e smorta,/ partirsi
vinti, e ritornar non sanno.") e le sensuali allitterazioni di Ciacco
dell'Anguillaia ("Più rende aulente aulore/che non fa una fera,/ch'a nome
la pantera")? Perché abbiamo deciso che, in zona fine Trecento e
Quattrocento, dovessero esser tolte le pagine degli artisti? Giunto al secondo
volume del D'Ancona-Bacci trovo Cennino Cennini con un brano in cui l'intonaco,
le sinopie e i colori son vivi come i personaggi di una novella; questo
incipiti meraviglioso dai "Commentari" del Ghiberti: "Ancora ho
veduto in una temperata luce cose scolpite molto perfette e fatte con
grandissima arte e diligenzia"; e alcune riflessioni di Leon Battista
Alberti sull'educazione intellettuali dei fanciulli ("E chi non sa la
prima cosa utile ne' fanciulli debbano essere le lettere?"). Risalendo il
fiume chi si ricorda di aver visto le descrizioni delle feste fiorentine di
Vespasiano da Bisticci, i sonetti di Vittoria Colonna, il ritratto burlesco che
Francesco Berni fa della sua donna; la prosa di diamante di Daniello Bartoli
sulla navigazione dei portoghesi nelle Indie o quella sua pagina sulle
chiocciole che sembra già prefigurare Francis Ponge! Nulla sopravvive nella
rigida canonizzazione delle letterature del nostro tempo. Ma, amici, non erano
forse letteratura anche gli slarghi descrittivi sul Teatro Mediceo di Filippo
Baldinucci e sulle palme di Lorenzo Magalotti? Ditemi, vi prego, non c'era un
grado di letterarietà (come si usa dire oggi al posto di "poesia e non
poesia") nell'evocazione polifonica che Ludovico Antonio Muratori dedicava
alle feste e ai giochi italiani: in quei variopinti elenchi di
"cantambanchi, buffoni, ballerini da corda, musici, sonatori, giocatori,
istrioni ed altra simil gente, che coi loro giuochi e canzoni di e notte
divertivano grandi e piccioli"? E che dire del monologo gridato "Se
fossi Re!" di Anton Giulio Barrilli? E' un vero peccato che gli studenti
di oggi non serbino memoria di questi autori. Perché non ristampate allora il
D'Ancona- Bacci?
Caro Davide, ti
sei dato la risposta da solo quando parli di nitore grafico, di
intertestualita' e immediatezza di immagini dei nuovi testi. I ragazzi di oggi
sono veloci e sbrigativi, hanno bisogno di sintesi e specchietti già pronti per
recepire i concetti più essenziali e non amano soffermarsi sui particolari o
sui cosiddetti "minori".
Certo, c'era
tanta letteratura anche in loro ma si fa fatica a far digerire il grande
Leopardi, ritenuto dagli studenti un depresso che non si sapeva godere la vita,
figurati cosa succederebbe se gli si presentasse un "minore" o una
letteratura approfondita e degna di questo nome. ...
Io insegno fa 32
anni ed ho visto assottigliarsi i contenuti sui testi anno dopo anno. Ora
quelli che vanno per la maggiore sono quelli che attualizzano i contenuti e
riportano i giovani al loro mondo e ai loro problemi che non sono certo la
conoscenza letteraria ne' la voglia di approfondimento. Purtroppo! !!!
Io da parte mia ho
sempre usato le antologie come repertorio di testi. I collegamenti gli spunti
critici , persino le vicende biografiche erano opera mia , spesso distribuita
in fotocopie . Certo
questo comportava un mio duro lavoro di collazione di testi , ma mi dava la
libertà di comunicare i miei entusiasmi insieme alle conoscenze . Nessuna
antologia mi ha mai soddisfatto .
E' un gran
peccato e non lo dico per pedante necrofilia o per gusto antiquario. Lo dico
perché queste storie letterarie di primo Novecento, figlie della cattedrale
enciclopedica del Tiraboschi, erano (sono) in sé piccoli e preziosi scrigni
portatili: apri a caso un volume del D'Ancona-Bacci e in qualsiasi punto cadi
scopri una bella pagina; e la scopri soprattutto nei "minori", o
meglio quelli che io chiamo gli "esclusi" dalla cosiddetta formazione
del canone manualistico: un'operazione pianificata a tavolino, con tutte le
epurazioni che conosciamo. Paradossalmente, una ristampa oggi dei sei volumi
del D'Ancona-Bacci (come la recente "Letteratura dell'Italia unita"
di Gianfranco Contini) credo farebbe un gran bene; magari non come lettura che
minacci di ingobbire i quattordici o quindici anni; ma ritrovata a trenta o
quaranta sono certo sarebbe fonte di sorprese, soprattutto se i volumi sono
fruiti nella forma dello "zapping".
Zapping
letterario. ... bellissimo! !!!! Hai ragione Davide, tu sei un buongustaio
della cultura!
Quelle antologie
certo che mi sarebbero piaciute così come mi piace il De Sanctis
.
.
Capisco
Davide, capisco Salvina e Elvira (o credo di capire). Perché amo i libri e la
letteratura, perché non vorrei perdere niente di ciò che davvero comunica,
perché so per esperienza che un insegnante, in qualsiasi classe di età si trovi
a lavorare, deve
appassionare, coinvolgere, affinare, far sentire, far ragionare, far vedere.
Per questo la mia ipotetica antologia letteraria
per la scuola sarebbe un sogno. Il sogno di intrecciare la bellezza, la
profondità, il linguaggio, la storia della letteratura e affini all'adolescente
(dalle medie inferiori alle superiori) per quello che è, per quello che
potrebbe essere, partendo dalla constatazione che siamo in un "società
liquida", di pensieri brevi, di poca memoria, banalmente visiva... non per
adattarsi ad essa, ma senza "saltarla".
Amico
mio grazie per essere intervenuto con queste tue parole che mi spronano a
fermarmi e a meditare, ad allargare la questione anche ai livelli contestuali,
extratestuali e antropologici: c'è tutta una nuova modalità di ricezione
giovanile dei testi dei testi letterari che ha mutato statuto, tempo, che si
adatta ad una memoria abbreviata e sembra confliggere con una sedimentazione di
lunga durata quale è, o voleva essere, quella dello studio letterario; studio
che si misura e a sua volta si conforma con una "parola" speciale,
fabbricata per resistere al tempo e persistere nella memoria. So bene che le
modellizzazioni hanno il limite di sfociare in vagheggiamenti senza costrutto,
me se posso indugiarvi un momento vorrei aggiungere un pensiero. È vero che la
perfetta antologia di storia letteraria non esiste e che la carne viva e
pulsante delle lezioni è indomabile a qualsiasi gabbia libresca. Guai a
subordinare il taglio e l'acutezza derivati da una vita di esperienza e di
"collazioni" testuali alle aride linee manualistiche.
Ho avuto una
professoressa di letteratura francese che spiegava i romanzi di Balzac e
Flaubert con le pagine di Marx sul denaro come generatore di senso, senza
essere marxista, e con Freud e Levi-Strauss. So che Elvira faceva leggere ai
suoi studenti il "Gattopardo" colmando così un'assenza del manuale;
mentre altri si spingevano ad introdurre Dante con quel gioiello che è
"Biondo era e bello" di Tobino. Tornando alla storia letteraria come
strumento necessario, come pietra angolare di conoscenza di quanto prodotto da
una civiltà, credo sia possibile un compromesso tra enciclopedismo e narrazione
storica: un testo che,per intenderci, metta assieme la lenticolarità
documentaria del Tiraboschi/D'Ancona-Bacci e la capacità di vigorose sintesi
plastiche e di ritrattistica, di narrazione tutta "cose" e di stile
del De Sanctis. Un tale anello di congiunzione è certo utopistico e fa la parte
della cavalcata donchisciottesca; così come volutamente paradossale è il mio
sproporzionato elogio anticrisi di una antologia del 1900. Ma la discussione ha
preso proprio la piega e la profondità che avrei voluto, per i tanti temi
emersi.
Ho
provato( sono in pensione solo da due anni) moltissime antologie nel triennio,
e in ciascuna c'era qualcosa di buono: ma mai mi sono sentita di dire: studiate
da pag. tale a pag. tal'altra. Secondo me il centro è l'insegnante : il libro
di testo fornisce testi (che a volte vanno integrati, comunque), e
suggerimenti, ma se non c'è un input personale e non si trasmettono
direttamente le proprie conoscenze e le proprie riflessioni, filtrando magari
testi critici difficili, ma fondamentali, nessuna antologia è quella “giusta”.
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