17 agosto 2016

Nietzsche e la filosofia” di Gilles Deleuze



di Daniele Guasco

Nietzsche e la filosofia è un saggio di storia della filosofia. Che cos’è la storia della filosofia? Secondo Deleuze essa non è poi molto distante dalla filosofia stessa. Si cerca infatti, attraverso un certo autore, di risolvere dei problemi, attraverso i concetti che questi costruisce. Questo è il caso del primo importante testo di Deleuze.

Se, come già considerava Althusser, ogni filosofia porta in sé il proprio avversario, secondo Deleuze non si può comprendere Nietzsche se non lo si pone contro Hegel e la dialettica.
In questo snodo, si possono cogliere le conseguenze estremamente importanti di tale lettura. Se dopo il seminario di Kojéve su Hegel i grandi filosofi e pensatori del Novecento[1] avevano assorbito il metodo hegeliano nel loro proprio metodo[2], l’operazione di Deleuze è una messa in questione del valore della dialettica nelle sue conseguenze politiche e morali.

Significa che, se l’operazione di Deleuze è riuscita, è tutto uno schieramento hegeliano, tutta una grande frazione del Novecento ad essere messa in questione. “Datemi una leva e solleverò il mondo”.

Perché Nietzsche contro Hegel? Per vari motivi. Innanzitutto, Hegel vede l’uomo preso in una desiderio che mira alla rinuncia, al riconoscimento dell’Altro, un godimento destinato all’insoddisfazione. Al contrario, Nietzsche costruisce un edificio teorico dove è contemplata la liberazione degli istinti, la rinuncia al riconoscimento in virtù di un atto sovrano. Qui la contrapposizione non è tanto tra Hegel e Nietzsche, quanto tra la società borghese e l’anticipazione teorica della “rivoluzione sessuale” del ’68.

Hegel vede la coscienza infelice costretta in schiavitù, ridotta al lavoro coatto, trovarvi la propria liberazione e la verità del proprio desiderio. Questo è il lavoro del doppio negativo nella dialettica, che porterebbe al positivo. Al contrario, la funzione tragica nietzscheana consiste nell’autoaffermazione del superuomo, dalla quale scaturirebbero le negazioni, gli aspetti distruttivi di questa affermazione. E’ la “bestia bionda” che sconvolge le formazioni territoriali, contro il lavoratore infelice che sfocia nel “falso positivo” della rivoluzione borghese[3].

In maniera sottile, Deleuze prende di mira la psicoanalisi quando parla del tema delle tracce mnestiche: la coscienza è reattiva quando si lascia agire dalle tracce mnestiche senza prolungarle in reazione; è attiva quando non si lascia agire bensì quando impugna la volontà e si muove di conseguenza.

Un altro nemico di Nietzsche (o di Deleuze?) è la tradizione del pensiero, chiamata del negativo, che infonde nell’uomo la colpa per svalutare l’esistenza e porre il valore di un aldilà della vita terrena. L’operazione consiste nell’affermare “l’innocenza del divenire”, il valore della vita stessa, senza bisogno di un aldilà.

Nel saggio di Deleuze Nietzsche opera in sinergia con altri autori - cari al filosofo francese - come per esempio Spinoza. Deleuze dà inoltre delle interpretazioni innovative di alcuni temi presenti in Nietzsche, come quello dell’eterno ritorno. Il testo, pietra miliare nella carriera di Deleuze, ma non meno importante degli altri suoi saggi di storia della filosofia, sarà poi omaggiato da Klossowski. In ognuno dei suoi libri Deleuze mira a elaborare una batteria di nuovi concetti per porre e risolvere problemi. E’ attraverso questo lavorìo che arriverà a opere su tematiche molto ampie, come Differenza e Ripetizione o Logica del Senso, che raccoglie i frutti degli studi precedenti.

Qual è dunque l’importanza di questo lavoro su Nietzsche?  E’ la prima disposizione dei concetti e degli autori in un campo di battaglia (o di immanenza?), un campo di battaglia molto ampio che abbraccia tutta la filosofia, con tutte le sue conseguenze politiche, ma a partire da un’operazione molto particolare su un autore particolare.

Gilles Deleuze, Nietzsche e la filosofia. Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 2002, pp. 322, € 21,00.




[1] Per esempio Bataille, Sartre, Merleau-Ponty, Lacan, Queaneau, Caillois, per citare solo alcuni di quelli che hanno personalmente frequentato i corsi di Kojéve e quindi escludendo tutti coloro che hanno risentito dell’influsso hegeliano a distanza di tempo e di spazio.

[2] Per esempio, nella struttura del desiderio in Lacan, o la funzione del negativo in Sartre.

[3] Non è fuori luogo ricordare che Hegel è un illuminista, e che Kojéve fa espliciti riferimenti a Napoleone.


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