di Daniele Guasco
Nietzsche e la
filosofia è un saggio di storia della filosofia. Che cos’è la
storia della filosofia? Secondo Deleuze essa non è poi molto distante dalla
filosofia stessa. Si cerca infatti, attraverso un certo autore, di risolvere
dei problemi, attraverso i concetti che questi costruisce. Questo è il caso del
primo importante testo di Deleuze.
Se, come già considerava Althusser, ogni filosofia porta
in sé il proprio avversario, secondo Deleuze non si può comprendere Nietzsche
se non lo si pone contro Hegel e la dialettica.
In questo snodo, si possono cogliere le conseguenze
estremamente importanti di tale lettura. Se dopo il seminario di Kojéve su
Hegel i grandi filosofi e pensatori del Novecento[1] avevano
assorbito il metodo hegeliano nel loro proprio metodo[2], l’operazione
di Deleuze è una messa in questione del valore della dialettica nelle sue
conseguenze politiche e morali.
Significa che, se l’operazione di Deleuze è riuscita, è
tutto uno schieramento hegeliano, tutta una grande frazione del Novecento ad
essere messa in questione. “Datemi una leva e solleverò il mondo”.
Perché Nietzsche contro Hegel? Per vari motivi.
Innanzitutto, Hegel vede l’uomo preso in una desiderio che mira alla rinuncia,
al riconoscimento dell’Altro, un godimento destinato all’insoddisfazione. Al
contrario, Nietzsche costruisce un edificio teorico dove è contemplata la
liberazione degli istinti, la rinuncia al riconoscimento in virtù di un atto
sovrano. Qui la contrapposizione non è tanto tra Hegel e Nietzsche, quanto tra
la società borghese e l’anticipazione teorica della “rivoluzione sessuale” del
’68.
Hegel vede la coscienza infelice costretta in schiavitù,
ridotta al lavoro coatto, trovarvi la propria liberazione e la verità del
proprio desiderio. Questo è il lavoro del doppio negativo nella dialettica, che
porterebbe al positivo. Al contrario, la funzione tragica nietzscheana consiste
nell’autoaffermazione del superuomo, dalla quale scaturirebbero le negazioni,
gli aspetti distruttivi di questa affermazione. E’ la “bestia bionda” che sconvolge
le formazioni territoriali, contro il lavoratore infelice che sfocia nel “falso
positivo” della rivoluzione borghese[3].
In maniera sottile, Deleuze prende di mira la
psicoanalisi quando parla del tema delle tracce mnestiche: la coscienza è
reattiva quando si lascia agire dalle tracce mnestiche senza prolungarle in
reazione; è attiva quando non si lascia agire bensì quando impugna la volontà e
si muove di conseguenza.
Un altro nemico di Nietzsche (o di Deleuze?) è la
tradizione del pensiero, chiamata del negativo, che infonde nell’uomo la colpa
per svalutare l’esistenza e porre il valore di un aldilà della vita terrena.
L’operazione consiste nell’affermare “l’innocenza del divenire”, il valore
della vita stessa, senza bisogno di un aldilà.
Nel saggio di Deleuze Nietzsche opera in sinergia con
altri autori - cari al filosofo francese - come per esempio Spinoza. Deleuze dà
inoltre delle interpretazioni innovative di alcuni temi presenti in Nietzsche,
come quello dell’eterno ritorno. Il testo, pietra miliare nella carriera di
Deleuze, ma non meno importante degli altri suoi saggi di storia della
filosofia, sarà poi omaggiato da Klossowski. In ognuno dei suoi libri Deleuze
mira a elaborare una batteria di nuovi concetti per porre e risolvere problemi.
E’ attraverso questo lavorìo che arriverà a opere su tematiche molto ampie,
come Differenza e Ripetizione o Logica del Senso, che raccoglie i frutti
degli studi precedenti.
Qual è dunque l’importanza di questo lavoro su
Nietzsche? E’ la prima disposizione dei concetti e degli autori in
un campo di battaglia (o di immanenza?), un campo di battaglia molto ampio che
abbraccia tutta la filosofia, con tutte le sue conseguenze politiche, ma a
partire da un’operazione molto particolare su un autore particolare.
Gilles Deleuze, Nietzsche
e la filosofia. Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 2002, pp. 322, €
21,00.
[1] Per
esempio Bataille, Sartre, Merleau-Ponty, Lacan, Queaneau, Caillois, per citare
solo alcuni di quelli che hanno personalmente frequentato i corsi di Kojéve e
quindi escludendo tutti coloro che hanno risentito dell’influsso hegeliano a
distanza di tempo e di spazio.
[3] Non è fuori luogo
ricordare che Hegel è un illuminista, e che Kojéve fa espliciti riferimenti a
Napoleone.
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