di Gianni Quilici
Certo che conta il
mito. Perché nel mito la persona si dilata, assume l’immaginario che, nel bene
o nel male, essa ha creato.
Ma, al di là di
questo, c’è la foto.
C’è la giornata
umida col marciapiede bagnato che lo riflette.
C’è la linea di
fuga del muretto con cancellata.
C’è la nebbiolina
che crea quell’indefinitezza del paesaggio urbano con nello sfondo il
grattacielo.
Ma al centro, e
soprattutto, c’è lui, James Dean, stretto in un cappotto scuro, le mani ficcate
nelle tasche come per proteggersi, il volto attraente un po’ curvo, con quel
bellissimo dettaglio della sigaretta in bocca.
Dettaglio
cromatico: il chiaro nello scuro; dettaglio psicologico: l’atteggiamento
spavaldo nel corpo contratto.
“James Dean” di Dennis Stoch. New York City. 1955
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