07 marzo 2018

"La cura della forma" di Silvia Chessa



No. La cura della forma non si chiama perfezionismo.
Ma attenzione premurosa.
Per la correttezza.
La precisione della parola giusta.
Volontà di andare incontro e agevolare l'altrui comprensione.

È un assist dato al tuo interlocutore 
per facilitare la scorrevolezza del suo gioco, 
quasi a sfavore della tua gloria..  
E del tempo tuo. Prezioso quanto il suo.
È rispetto per chi legge, dono al suo pensiero.
Che sia una tesina di laurea o sia un messaggino di saluto, o di auguri.
 Indica il tempo che avete dedicato a quella attività, 
nonché alla persona che leggerà.  
Parla di dignità e di compostezza.  
È pulizia mentale e disciplina spirituale.
 Ordine del cuore.  
Scrivere cose incomprensibili, maldestre, rabberciate, equivoche, 
per fretta e sciatteria, è una piccola e prima mancanza di rispetto.  
Ne seguiranno altre, statene certi.  
Chi scrive male, con leggerezza, 
è capace di fartene, a parole o silenzi, altrettanto male.
Ti chiede pazienza 
a fronte della brutalità verbale che ti sta propinando. 
  Mal tollero questi squilibri.  
Cerco armonie.  
Offro gesti di cortesia.  
Ha parole, virgole, pause, punti e due punti, la disciplina del mio mondo verbale.
Specchio dell'interiore.  
E sono grata ai simili a me.  
Voglio bene a chi ci tiene, ai segni esterni.
  Quanto ai contenuti.
E mi corregge, mi fa le pulci, con delicatezza.
  Perché sa la ricerca, sa la pazienza.  
Mi sa.

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