di Gianni Quilici
Diciamo subito della bellezza della copertina, dove l’immagine libera e seducente di Marylin Monroe si armonizza graficamente con una scrittura mobile tra orizzontale e verticale, sullo sfondo d’un rosso sangue su cui spicca il bianco dei titoli. Magnifici i fotogrammi di attrici nell’inserto finale “Cinegrafie al femminile”, a cura di Luigia Scerra.
Ed il libro nel suo contenuto?
Confessiamolo: l’abbiamo letto qua e là, sorvolando spesso i film non visti. Il proposito: cogliere la visuale complessiva del ragionamento in cui si sviluppa il libro, leggere solo di quei film con cui sia possibile confrontare i propri ricordi e cerchiare i titoli di quei film, che, a prima vista, ci sono sembrati significativi. Un libro, insomma utilizzabile come strumento da leggere e, a volte, da sfogliare, ma soprattutto da riprendere via via che si visionano i film stessi. L’ho letto, tuttavia, sufficientemente, per esporre alcune impressioni.
Pino Bertelli è un critico, oltre che fotografo e filmaker, che, se necessario, usa la spada senza riguardi e misure. Però in questo libro c’è un amore dichiarato verso il soggetto del discorso, la donna, una sorellanza con l’altra da sé, considerata nella sua dolcezza, ma anche nella sua rabbia. Per questo Bertelli non si scaglia (quasi) mai contro le donne registe, anche quando forse potrebbe farlo. Preferisce approfondire i film, per lui, più centrali, e citarne molti altri.
Il primo merito di B. è di avere tracciato una storia del cinema fatto dalle donne, individuandolo cronologicamente e storicamente e sottolineando, in questo quadro, i film e le registe più interessanti. Alcune famose: Leni Riefensthal, Marguerite Duras, Agnès Varda, Margherethe Von Trotta, Marta Meszaros, Jane Campion; altre misconosciute o che lo sono diventate, come Maya Deren, Germaine Dulac, Esfir Ilinicna Sub, Shirley Clarke…
Il secondo merito è il linguaggio. Per un verso Bertelli utilizza una prosa poetica attraverso associazioni e metafore, che rinviano alla stagione simbolista e situazionista. Per un altro verso, in apparente contrasto, affronta il film oggetto di studio scrupolosamente con analisi anche dettagliate del testo, informazioni e eventuali confronti con l’apparato critico preesistente.
C’è infine un’ultima ragione che, insieme alle altre, determina il valore e l’originalità del testo: le scelte di Bertelli, che sono sue, non il prodotto in serie di altri libri. Un esempio: due, più o meno grandi, film (quasi) dimenticati: Sotto il selciato c’è la spiaggia e Germania, pallido amore di una regista (quasi) dimenticata: Helma Sanders Brahms, su cui Bertelli si diffonde a lungo.
Pino Bertelli. “Dolci sorelle di rabbia” -Cento anni di cinemadonna. Prefaz. Di Mirella Bandini. Belforte Cultura. (€ 24)