recensione di Gianni Quilici
Il progetto editoriale una volta tanto (è stato) utile, non parassitario: allegare ai giornali La Repubblica e l'Espresso un racconto in versione originale con traduzione a lato. Libretti smilzi (Short stories, appunto) da leggere (e meditare) nell'arco di una sera o di un viaggio...
Uno di questi è “Passaggi di carriera” (Career Move), tradotto da Massimo Bocchiola, di uno degli scrittori inglesi contemporanei più noti, Martin Amis.
Racconto di due “intellettuali”: un poeta di successo, che vive in una bella casa e si accompagna con ragazze bellissime; l'altro uno sceneggiatore sfigato, costretto a fare un altro lavoro, che invia ad una rivista semi-clandestina sceneggiature su sceneggiature, spesso, senza alcuna risposta. Anche il poeta di successo deve comunque penare, perché vive in un ambiente superficialmente formalista con tutte le meschinità del caso.
Il racconto non mi “prende”. A fine lettura constato: poca tensione, nessuna emozione. Perché la critica che Martin Amis fa di questi ambienti è fin troppo facile. Nessuno si salva: ne' i due co-protagonisti, ne' tantomeno il mondo editoriale con le sue conversazioni sul niente.. Ed è appunto in questo generale deserto che non trovo appigli. Non perché non c'è positività, ma perché questa negatività generale è, per così dire, priva di dialettica: troppo lineare, troppo leggera. Come se l'autore stesso non fosse molto diverso da loro. Consapevole certo, ma, più che altro, dello strato comportamentale e delle conseguenti chiacchiere. Si legga di contro “L'integrazione” di Luciano Bianciardi, dove sotto l'ironia sarcastica palpita una autentica disperazione.
Martin Amis. Passaggi di carriera (Career move). Traduzione di Massimo Bocchiola. La biblioteca di Repubblica-L'Espresso. Pag. 71.