di Luciano Luciani
Crescere è sempre stata un’attività particolarmente complicata e impegnativa. E’ complicato, e doloroso, attraversare l’infanzia per approdare alle terre sconosciute e misteriose della adolescenza: da Charles Dickens a Mark Twain, da Daniel Pennac a Stephen King, il Maestro di Tutte le Paure Adolescenziali, negli ultimi due secoli non sono stati pochi gli scrittori che hanno saputo cogliere i crucci e le angosce di questo faticoso passaggio esistenziale.
L’incerto confine tra l’esaurirsi della fanciullezza e l’inizio del ‘teenagerato’ con tutta la sua carica di turbamenti, pulsioni e ambiguità emotive lo racconta bene, intingendo il proprio pennino nel calamaio della memoria personale, anche Irmo Tarabella, scrittore al suo felice esordio letterario. Un romanzo breve il suo, neppure cento pagine, ma perfettamente commisurato a delineare:
lo scenario, un paesino della Toscana interna all’inizio degli anni Sessanta;
i protagonisti, un terzetto di ragazzini legatissimi tra loro colti sul momento delicato del progressivo abbandono dei giochi infantili sostituiti, a poco a poco, dal Grande Gioco di crescere;
i personaggi secondari, ovvero gli adulti del paese osservati nei loro pochi pregi e molti difetti dall’occhio ancora incantato, e per questo inconsapevolmente ironico, di Brunetto, che ci racconta in prima persona questa storia dai contorni giallo – horror;
la vicenda: un improvviso fatto di cronaca nera, un omicidio dalle motivazioni incomprensibili che sconvolge le dinamiche sempre uguali e i ritmi consolidati dell’antico borgo collinare.
Un microcosmo popolato di figure convenzionali proprie del genere, o sottogenere, il poliziesco/rurale: il parroco, bonario e pacioso; il maresciallo dei carabinieri, rappresentante indiscusso dell’ordine messo in discussione e della legalità da restaurare; una vedova ancora giovane e piacente e per questo oggetto di desideri per niente oscuri; un vecchio solitario, ben fornito di soldi e dalle strane abitudini alimentari…E poi, motore della storia, i nostri piccoli primi attori: vitali, curiosi, incoercibili nella loro ansia di provare tutto, conoscere, cimentarsi con i grandi segreti dell’esistenza, dal sesso…alla morte.
L’Autore ce li racconta, con personale adesione e simpatia piena d’affetto e partecipazione, nella loro modesta epica paesana fino all’ultima, temeraria impresa: quella che, facendo il verso a una probabile verità, avrebbe potuto rivelarla al mondo adulto e alle autorità del borgo toscano.
E, attraverso questi ragazzini di quasi mezzo secolo or sono, fa riemergere con straordinaria vivacità tutto un mondo che pensavamo perduto per sempre: le merende povere di prima della Nutella, quelle fatte di pan bagnato e zucchero; i riti televisivi non ancora rigorosamente individuali ma ancora collettivi; gli adulti che giocano alla morra nella piazza del paese; i carrettini rompicollo costruiti con assi di legno e quattro cuscinetti d’automobile…Insomma, Tarabella sceglie di raccontarci un mondo che non c’è più, magari per regalarci la voglia di ripensarne un altro, nuovo e diverso.
Il teatro di Bruno si propone come un misurato, garbato “Amarcord” che si muove tenendo d’occhio Le avventure di Tom Sawyer e non perdendo mai di vista Stand by me: in salsa toscana, però, e ben calato negli anni della accelerata e caotica trasformazione della nostra società da contadina in industriale. Bambini che si fanno adolescenti in un tempo di veloci e poco comprensibili mutamenti.
Ieri come oggi, sembra ammonirci l’Autore, diventare grandi è difficile. Soprattutto perché i depositari del potere, gli adulti, non ne mollano neppure un’unghia, non ti aiutano ed è soprattutto per responsabilità loro se crescere diventa sempre un processo solitario, pieno di spigoli e tutto in salita.
Irmo Tarabella, Il teatro di Bruno, Giovane Holden edizioni, Viareggio 2008, pp. 89, Euro 10,00