foto di GIANNI QUILICI |
Quando ero più giovane pensavo, ingenuamente, che solo la storia, anzi la Storia, quella con la S maiuscola, potesse, riparando a orrori secolari, ristabilire verità e giustizia. Compito specifico mio e dei miei coetanei, abitatori del tempo compreso tra la fine di un millennio e l’inizio del nuovo, sarebbe stato solo quello di favorirne i processi, governandoli e, se del caso, accelerandoli. Un’impresa apparentemente modesta, ma, alla prova dei fatti, titanica, prometeica: una /due generazioni ci si sono spezzate le gambe e non solo, mentre gli effetti tragici di quelle aspettative infrante durano a tutt’oggi.
Era necessario, quindi, ripensare l’intera faccenda: così, a poco a poco e sempre a mie spese, mi sono reso conto che in fondo per arrivare al cuore dell’esistenza e risvegliare le coscienze intorpidite e le intelligenze narcotizzate bastava raccontare delle storie, stavolta con la s minuscola. Storie: possibilmente semplici, dirette, lievi e, proprio per questo, efficaci. Più capaci di parlare alla testa, al cuore, alla pancia…
E tali sono quelle che racconta Monica Dini, originale affabulatrice toscana alla sua seconda prova editoriale per la benemerita casa editrice Besa: brevi, brevissimi racconti, talora quasi microstorie che trattano di donne, uomini, anziani, bambini dei nostri giorni. Gente normale, normalissima, addirittura banale che, però, dietro l’apparenza di atti quotidiani e gesti ovvii rivela angosce dolorose, traumi irrisolti, vissuti dai bordi frastagliati e lacerati ancora sanguinanti. Coppie male assortite; donne sull’orlo di maturità inattese e non desiderate; piccoli, ma puntuti disamori quotidiani; vizi meno che mediocri; asfissianti routine...
Antifrastico, quindi, il titolo della raccolta, Leggerezze, per veloci trame che di impalpabile e di tenue hanno assai poco. Raccontano piuttosto la banalità del male di esistenze provinciali che nel loro grigiore racchiudono pulsioni frustrate, rabbie esistenziali, offese non rielaborate e incubatrici di altrettanti, simmetrici odi, profondi e inestinguibili.
Solo rari e contraddittori i segnali di una qualche possibile speranza. E tutto ciò Monica Dini ce lo espone con uno sguardo distaccato, quasi algido: una modalità che accresce il turbamento del Lettore e rende ancora più urticante la sensazione della rovina incombente, che, quando accade, è accolta più come una liberazione dai ceppi di un quotidiano frustrante che come una perdita.
La scrittura della Dini, dalla frase secca, affilata, tagliente, rivela le sottili capacità di introspezione psicologica dell’Autrice, che tra i suoi meriti annovera la dote di rendere visibile, magari solo per un attimo, i recessi malmostosi e bui dell’animo umano contemporaneo: o, forse, come scrive acutamente nella Prefazione un letterato sensibile e intelligente come Julio Monteiro Martins, l’abilità di intuire e descrivere con dolorosa, vibrante intensità che lo scacco, il senso di perdita, la sconfitta hanno dimora proprio “nel cuore stesso dell’esistere”.
Monica Dini, Leggerezze, Collana Nuove Lune, BESA Editrice, Nardò (Le), pp. 126, Euro 13,00