Vi è un ambito della cultura nel quale la Polonia offre una straordinaria ricchezza e può a buon diritto aspirare a essere addirittura compresa fra le “potenze mondiali”: la musica, da secoli una caratteristica “forte” di questo Paese che vanta in proposito un’antica e nobile tradizione, viva e vitale anche quando la Polonia era stata cancellata dalla carta politica d’Europa.
Se, a buon diritto, Fryderyk Chopin è stato ed è ancora il compositore polacco più noto, pure la musica polacca ha saputo esprimere anche altre importanti e significative personalità: per esempio, Maciej Kamienski (1734-1821), autore della prima opera su testo in lingua polacca La miseria mutata in felicità, in cui si ritrovano ritmi e melodie del folclore slavo; oppure quel Jan Stefani (1746-1829) violinista e compositore di origine italiana, il cui vaudeville, Il presunto miracolo ovvero Cracoviani e montanari, presenta un soggetto intriso di patriottismo e interessanti aperture ai canti popolari e al colore locale; o Josef Ksawery Elsner (1769-1854), direttore del Conservatorio di Varsavia e maestro di composizione di un giovanissimo Chopin, animatore instancabile della vita musicale polacca attento ai movimenti culturali e politici del primo Ottocento.
Non a tutti, poi, è nota l’attività di Stanislaw Moniuszko, un grande compositore, la cui fama è rimasta purtroppo oscurata dal genio del suo contemporaneo Chopin.
Nato a Ubiel, non lontano da Wilno, nel 1819, Moniuszko dopo aver studiato a Vienna e a Minsk ed essersi perfezionato in composizione a Berlino, fu direttore d’orchestra, organista e a sua volta insegnante. La sua infanzia trascorse nel clima esaltatato e appassionato dei continui e purtroppo sterili tentativi di insurrezione al giogo zarista e la sua giovinezza si intristì in un’atmosfera cupa di forzata rassegnazione a rapporti di forza politico militari che non consentivano al popolo polacco di realizzare le proprie aspirazioni nazionalistiche e di giustizia sociale.
Malfermo di salute, di carattere timido e introverso, non partecipò mai direttamente a iniziative di aperta contestazione al potere autocratico russo. Lottò per l’indipendenza e la liberazione del suo Paese con le solo armi a lui congeniali: le note musicali e una fervida fantasia.
Viaggiando in lungo e in largo per la Polonia Moniuszko aveva studiato le melodie e i modi del canto slavo e a esso si ispirarono sia le canzoni con cui intese educare la masse polacche al culto delle tradizioni popolari, sia le opere liriche dense di contenuti patriottici e sociali insieme che contribuirono a tenere desta la ribellione contro istituzioni politiche e amministrative rimaste anacronisticamente insensibili agli avvenimenti della rivoluzione francese e ai rivolgimenti delle rivoluzioni nazionali europee.
Nacquero così i melodrammi che gli dettero una meritata popolarità in patria e godettero di stima e ammirazione anche all’estero: Halka, La contessa, Il castello dei fantasmi, i più famosi.
Importante soprattutto il primo titolo, considerato tanto dalla critica quanto dal pubblico di allora e di oggi come l’atto di nascita dell’opera nazionale polacca: una bandiera, un simbolo il cui successo trascende gli stessi valori artistici. Tratto da un poema di Kazimierz Wojcicki, il melodramma era già pronto nel 1847, ma l’occhiuta censura zarista ne vietò la rappresentazione fino al 1858; infatti i temi della prepotenza dei nobili e del conflitto di class vennero ritenuti sconvenienti per una rappresentazione scenica e pericolosi perché rischiavano di infiammare gli animi degli spettatori. Fondendo mirabilmente modelli tratti dalla musica del tempo, soprattutto italiana – ma anche francese e tedesca – con le armonie della musica popolare, Moniuszko portò in scena lo scabroso tema di Halka, giovane contadina che, sedotta e abbandonata dal nobile Janusz, di fronte all’ennesima umiliazione inflittale dall’egoismo dell’amante, ha ancora la forza morale di preferire il suicidio alla vendetta.
L’opera, rappresentata a Varsavia più di dieci anni dopo la sua realizzazione, ebbe oltre cento repliche consecutive e fruttò al suo autore quella serenità economica che fino ad allora la fortuna gli aveva negato. Un’affermazione clamorosa, incondizionata dovuta alla straordinaria capacità di questo sensibile musicista di rispecchiare con penetrante intuito le aspirazioni delle masse e di farsi portavoce dei suoi slanci più immediati e genuini. Particolarmente pregevoli le romanze dell’opera dove il canto spiegato si anima di un’intensa carica emotiva ottenuta con sonorità in cui la concitazione drammatica si distende in tenere ondate di suoni. Bellissimi poi i motivi di danze i cori ispirati dal folclore popolare. Il celebre direttore d’orchestra e pianista tedesco Hans von Bulow affermò che le romanze della Halka possono trovare dei corrispettivi solo nei più perfetti esempi di melodia dei grandi maestri occidentali come Wagner e Bizet.
Forte della celebrità ormai raggiunta, Moniuszko si recò anche all’estero: nel 1862 era a Parigi dove frequentò Gounod e Auber e riscosse l’ammirazione di Rossini. Intanto la sua produzione si arricchiva continuamente di pregevoli pagine di musica da camera, pianistica, vocale, sinfonica e sacra senza disdegnare il genere alla moda dell’operetta. Il suo stile musicale doveva esercitare una notevole influenza su Cajkovskij e su numerosi altri musicisti slavi della fine dell’Ottocento.
Così come aveva fatto Erkel per l’Ungheria e Smetana per la Boemia, Moniuszko fu il fondatore dell’opera nazionale polacca allineando così il suo Paese nel campo del melodramma a quella dignità artistica che altri paesi come la Germania e l’Italia avevano da tempo raggiunto. Nel periodo risorgimentale Moniuszko rappresentò per la Polonia quello che Giuseppe Verdi significò per l’Italia: fu il musicista della redenzione e della riscossa. Infatti, come nell’Italia degli anni quaranta del XIX secolo, i giovani animati da sentimenti patriottici erano soliti cantare polemicamente in faccia alla sbirraglia di Radetzky le note dei celebri cori del Nabucco e dei Lombardi alla prima crociata, così in Polonia le arie delle canzoni di Moniuszko volavano di bocca in bocca quale presagio di un avvenire migliore.
Se l’Europa ha in parte dimenticato questo compositore, la sua terra – e non poteva essere diversamente – continua amorevolmente a ricordarlo: un Festival di canto, dedicato prevalentemente alla sua opera, si tiene annualmente nel mese di giugno a Kudowa-Zdroj nella Bassa Slesia. Poi, un concorso internazionale per giovani vocalisti organizzato per la prima volta nel 1992 a Varsavia porta il suo nome e ripropone ai giovani musicisti europei le cantabili armonie di Stanislaw Moniuszko, malinconico e tenace compositore romantico.