Nell’ottobre del 1975, cioè nell’ultimo scampolo di vita, Pier Paolo Pasolini è alle prese con Petrolio, il romanzo che uscirà postumo per Einaudi e in cui è delineato per appunti un ritratto impietoso sul potere.
All’epoca Dino Pedriali ha venticinque anni, ed è un giovane fotografo molto promettente che già può vantare un’amicizia con il grande Man Ray. Pasolini lo chiama (anzi lo sceglie) per farsi fare delle foto che dovranno fare da illustrazioni al libro (poco romanzesco e molto mitico) che sta scrivendo. Nella seconda e terza settimana di quell’ottobre del 75’ il giovane Pedriali fotografa Pasolini a Sabaudia e nella casa che si era costruita ai piedi di un rudere medievale di Chia, vicino Viterbo. Concluso il reportage, Pedriali concorda con Pasolini che gli avrebbe portato a far vedere i negativi il 2 novembre. Ma quell’incontro non vi sarà, perché proprio quel giorno Pedriali apprenderà dalla radio la notizia che il poeta e scrittore friulano è stato assassinato.
A parte per una mostra (che ebbe molto successo) tenuta nel 1978 alla Galleria Inga Pin di Milano, per trentacinque anni Pedriali – che nel frattempo è diventato un affermato fotografo con una particolare vocazione al nudo maschile – ha custodito quei negativi in un cassetto, come fossero delle reliquie sacrali e solo di recente sono andati a finire in un catalogo (dire splendido è poco) edito dalla Johan & Levi di Giovanna Forlanelli.
Settantotto scatti in cui si può scovare Pasolini alla scrivania intento con una bic alla correzione delle bozze del romanzo, oppure mentre riposiziona il foglio nella “mitica” Lettera 22 e tiene sparse sul lato altre pagine stracolme di scrittura o rilegge i dattiloscritti in una posa di riflessione (la mano che trattiene la testa inclinata). E ancora si può vedere lo scrittore-poeta sul ponte di Sabaudia dove l’obbiettivo punta al primo piano, lasciando evidenziare i particolari fisici di un corpo asciutto, giovanile che fa appena da contrasto con lo sguardo severo, il volto scavato e rugoso.
Ma sicuramente le immagini più interessanti sono quelle che il fotografo romano scatta nella dimora della Torre di Chia: qui Pasolini viene sorpreso di profilo nel giardino della villa, cammina attraversando gli interni della villa, riguarda ancora le carte del romanzo, dipinge per terra dei volti e, infine, è immortalato senza vestiti in più pose.
E proprio negli scatti (una quindicina) del Pasolini nudo, posti come la sequenza di un elegante film in bianco e nero, si può pesare lo straordinario sguardo artistico di Pedriali. Egli fa del nudo la tela in cui riconoscere – senza forzature – il Pasolini del “gettare il proprio corpo nella lotta”, l’intellettuale che vuol fare della fisicità oggetto di sacrificio, provocazione e scandalo tanto quanto lo furono il pensiero e le sue opere tutte. Quasi come se fosse un ultimo segreto di Pasolini, un lascito che dopo trentacinque anni diventa di dominio pubblico, le foto di Pedriali sarà bene guardarle con occhio attento per strappare da esse l’idea di una fotografia che sa emozionare, fermare il tempo per sempre, istigarci pure ad immaginare la presenza viva tra noi di un Pasolini sempre scomodo, pronto a non rinunciare alla lettura degli eventi e della politica, pronto a porre ai giovani la stessa domanda che rivolse a Pedrali: “Dino, ti intessi di politica”. “No…” fu la risposta secca del fotografo. E Pasolini di rimando: “Male, un giovane si deve interessare di politica…”.
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