Gli
ideali di libertà e solidarietà per la nazionalità oppresse furono sempre un
tratto distintivo del pensiero mazziniano e dell’agire garibaldino. Tale
sensibilità, assai marcata nella generazione che aveva fatto l’Italia, rimase
accesa anche nella successiva. Quando nel garibaldinismo la delusione per i
modi centralistici e autoritari con cui era stata realizzata l’unità d’Italia
si trasformò conseguentemente nella convinta adesione alla causa dei popoli,
tutti i popoli, che si battevano per la patria e la libertà, l’uguaglianza e la
giustizia sociale.
Assai
vivo si mantenne nel nostro Paese il filoellenismo, ossia quel movimento di
condivisione attiva e operante per i destini della Grecia, che, con la sua
reiterata lotta per l’indipendenza dall’Impero turco, a partire dagli anni
venti dell’Ottocento, aveva commosso l’intera Europa.
Così,
quando nel 1896 l’isola di Creta insorse contro i turchi e proclamò l’unione
con la Grecia,
tale sentimento si ridestò in Europa e in Italia, assumendo nel nostro Paese
caratteri dichiaratamente antiaustriaci e antigovernativi. Il governo italiano,
infatti, vincolato dalla Triplice Alleanza con l’ Austria-Ungheria e la Germania, condividendo
con questi alleati le preoccupazioni per gli equilibri balcanici, aveva
partecipato al blocco navale dell’isola. In Italia si costituirono, invece,
numerosi Comitati “Pro Candia” per soccorrere gli insorti, procedendo a
raccolte di fondi e all’arruolamento di volontari, in genere di orientamento
repubblicano, socialista e libertario, che intendessero partecipare
direttamente alla guerra greca-turca scoppiata nell’aprile 1897. Nonostante
l’impegno profuso dal governo italiano nell’ostacolare la partenza dei
volontari, circa 1500 italiani riuscirono a raggiungere la Grecia e a organizzarsi in
un “Corpo garibaldino” guidato da di Ricciotti, figlio dell’Eroe dei due mondi
e di Anita.
Drammatica
la prova del fuoco di questa formazione. Il 17 maggio 1897, nei pressi di
Domokos in Tessaglia, l’esercito greco subì una dura sconfitta solo in parte
riscattata dal valore dei volontari italiani in camicia rossa che pagarono un
alto prezzo in termini di feriti e caduti.
Tra
questi, il più illustre fu l’on. Antonio Fratti (1848 - 1897), veterano
garibaldino della III guerra d’indipendenza, di Mentana e della Francia, giornalista,
deputato repubblicano di Forlì, molto amato per la sua ferma opposizione
all’involuzione autoritaria crispina e per il suo generoso tentativo di
coniugare la tradizione mazziniana con le novità rappresentate dal socialismo.
Sbarcato
ad Atene il 1 maggio con “una mezza biblioteca di libri di storia, di carattere
tecnico e politico della Grecia”, il 17 maggio cadde tra i primi a Domokos.
Giovanni
Pascoli gli dedicò uno dei suoi Inni, che termina con questi versi:
[…]
Fratti, se morti non erano i mortiper l’alto tuo cuore,
anche tu vivi. Non muoiono i forti
già, come si muore.
Altri si piega e distende,
ma in piedi altri resta e dimora,
come una statua che accende
nel bronzo perenne l’aurora.
(da Odi e Inni, Ad Antonio Fratti)
Luciano Luciani
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