10 febbraio 2014

"Celle Puccini. Viaggio in Mediavalle" di Gianni Quilici



12.10. Sono incerto. Per partire ho bisogno di motivarmi: di lavorare sull’immaginazione. Avvio la macchina. Sul viottolo peri disadorni e buche di acqua sporca.

12.20 Nuvole bianche e nere attorcigliate lassù alle Pizzorne. A quest’ora la domenica  c’è per strada un’aria sonnolenta che mi piace molto: poche macchine, niente camion. Di colpo esce la luce e si diffonde intorno. Sensazione velocissima d’un miracolo!

foto gianni quilici
12.30 Diecimo. Mi colpisce sempre, prendendo la strada per Pescaglia, la bellezza marmorea del campanile merlato, isolato dal paese, che si staglia alto (36 metri), contro i colori della montagna, vagamente malinconici, di un marroncino grigiognolo. A vederlo da vicino il campanile ha la bellezza, anche, dei dettagli: le bifore, le trifore, le quadrifore, le cornici marcapiano nell’insieme d’un prato verde e d’una bella casa abbandonata. La facciata della pieve romanica di Santa Maria Assunta della fine del XII-XIII secolo è disegnata con un’armonia e semplicità esemplari. Peccato che non ci sia una vera piazza, che dia unitarietà e socialità!
Il paese è deludente. Una strada stretta e asfaltata, che lo percorre in tutta la sua lunghezza con parcheggi-macchine, che si susseguono quasi ininterrottamente. C’è soltanto nel centro, affogata, la torre di Castruccio (neppure segnalata) in una piazzetta con qualche panchina.

foto gianni quilici
Ore 13. Celle Puccini ( 371 metri, 45 abitanti). La strada sale stretta con bei tornanti. Uno spiazzo della strada  l’unico parcheggio. Poggi di olivi e di viti e poi inizia la viuzza di sassi stretta tra case e qualche bel palazzo che arriva alla casa della famiglia di Giacomo Puccini (oggi museo). Mi piace immaginare Puccini che viene quassù, tra contadini e pastori, artista di fama e borghese di classe… Sul museo, chiuso, una lapide. Leggo: “A ricordare che in questa casa retaggio dei suoi padri frequentemente dimorò Giacomo Puccini celebrato artefice di musica immortale il comune fascista di Pescaglia per desiderio del popolo decretò e pose. XXVI ottobre MCMXXIV “. Vuota retorica populista dietro cui si cela violenza e ignoranza.
Qui il paese finisce, iniziano i campi. Mi si affianca un uomo di mezza età, capelli brizzolati, pullover celeste. “Se vuole” mi dice “c’è un viottolo che porta ad uno spiazzo qui vicino, da cui si vedono la vallata e i paesi vicini”. Vado. A una prima vista niente di esaltante, però individuare dei paesi da lontano dà il piacere di una ricognizione geografica.  Si parla del paese. “Si figuri” mi dice “c’era addirittura l’idea di fare una specie di anfiteatro davanti al museo di Puccini, abbattendo il muro di fronte. Se ne parlava tempo fa, ora sembra ritornata in auge. Ora, a parte che mancano i soldi, ma poi che senso avrebbe abbattere quei muri, che hanno una storia. Per fare cosa? Un anfiteatro!”

foto gianni quilici
Ore 14.10 Gello (481 metri, 132 abitanti) è poco più avanti. Da lontano  si vede il campanile alto e svettante, parente povero di quello di Diecimo: merlato e con bifore, ma senza la stessa lucentezza e ricchezza.  Una strada asfaltata con platani nudi, un ruscello che scende vertiginosamente scrosciando  verso la valle. All’ingresso del paese,  la strada si fa più stretta e sassosa. Qualche bel palazzo, qualche scalinata che sale, panni bianchi e arancioni stesi alla luce del vento, un ragazzo che ci saluta, un gatto che ti studia allarmato pronto a scappare.

Ore 14.50 La strada scende tortuosa verso la valle della Pedogna.  Cerco una sintesi, mentre guido veloce. Penso che per capire, anche semplicemente paesi piccoli come quelli, bisogna viverci. Posso dire soltanto che ho visto pochissima gente. Faccio il conto: 3 a Diecimo, 6 a Celle, 2 a Gello... a parte qualcuno in macchina.      

     

1 commento:

evaoffworld ha detto...

appunti direi banali...Se, comunque, emozionano qualcun'altro... Ben vengano...C'è penuria di sobbalzi dell'anima.