Ho letto con grande curiosità su Repubblica l'intervista a Nichi Vendola e Ed Testa, a distanza di qualche tempo dalla nascita di Tobia e da tutto il clamore fanatico che si era scatenato intorno all'evento.
Il racconto è
emotivo, tenero, tradizionale come lo sarebbe quello di chiunque altro che si
ritrovi ad essere genitore con tanto desiderio e trasporto, e si affida ad una
narrazione di pancia che intenerisce. Non fosse per quella vocina che ogni
tanto sussulta (immaginate pure di dire
"sussulta" come lo direbbe Checco Zalone imitando Vendola). La vocina
che riporta sulla superficie della coscienza l'origine della faccenda, la
maternità surrogata, l'etica, le due madri coinvolte, il bambino è oggetto o
soggetto, e così via.
L'impressione che ne ho avuto è quella di due persone che sicuramente
tireranno su Tobia molto meglio di come ho fatto io coi miei figli o di altra
gente che conosco. A prescindere rimango convinta del fatto che un bambino
debba crescere con chi lo ami. Il problema sono gli altri, come sempre, quando
si devono relazionare con quanto pare strano. Invece di capire si rinchiude ciò
che non si capisce nel ghetto, autorizzando marginalità, bullismo, sofferenza.
Ed Testa e Nichi Vendola. Foto di Gianni Quilici
Detto ciò, per non farmi mancare niente ho letto la risposta di Vittorio Sgarbi sul Giornale. Una risposta lucida, ragionevole, perfino umile nel dire "Ho cercato di vincere ogni pregiudizio, di superare l'antica polemica;" ammettendo quindi un limite. Sgarbi dice di vedere nell'immagine di Vendola con suo figlio, lo sguardo del possesso, non di protezione, e dice ancora che "l'amore della madre, come mostra Caravaggio, è protezione, non possesso... Un amore puro, disinteressato, non la proprietà di un bambino come un oggetto.".
Detto ciò, per non farmi mancare niente ho letto la risposta di Vittorio Sgarbi sul Giornale. Una risposta lucida, ragionevole, perfino umile nel dire "Ho cercato di vincere ogni pregiudizio, di superare l'antica polemica;" ammettendo quindi un limite. Sgarbi dice di vedere nell'immagine di Vendola con suo figlio, lo sguardo del possesso, non di protezione, e dice ancora che "l'amore della madre, come mostra Caravaggio, è protezione, non possesso... Un amore puro, disinteressato, non la proprietà di un bambino come un oggetto.".
E qui, Sgarbi mi casca. Conosco madri che hanno proiettato sui propri
figli deliri di onnipotenza, aspettative irrealizzabili, manipolazioni infinite
per tirare su copie di se stesse. Madri che hanno cercato di compensare i
propri fallimenti realizzandosi sulle spalle di bambini costretti a diventare
l'idealizzazione materna. Bambini distrutti dal possesso materno diventati
adulti infelici. Conosco pochissime madri che si fermano alla protezione. Oltre
è già possesso. Negarlo e dire che Nichi Vendola abbia lo sguardo diverso da una
qualsiasi altra madre è scorretto..
Ma poi, vorrei capire meglio. Sgarbi ha dichiarato di avere quaranta
figli illegittimi. Quindi per coerenza mi piacerebbe anche sapere, visto che
giudica le esperienze altrui, cosa ci propone lui come famiglia o come genitorialità.
Fossi un bambino preferirei comunque Nichi e Ed, per casa, insieme alla
nonna. Piuttosto che un padre assente, 39 fratellastri ignoti, e l'incubo di
decine di matrigne pronte a presentarsi sull'uscio per rivendicare chissà che
cosa.
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