Guardo la foto. E' una foto famosa di Josef Koudelka. La conosco da tempo. L'avevo guardata fino ad ora con gli occhi, senza però fermarli, come si dovrebbe.
Per fermarli non basta trovare il piacere del primo sguardo. Ci vuole la pazienza del Tempo.
La prima impressione: mi piace l'atmosfera di libertà che trasmette. In tutti i protagonisti. Particolarmente nel cavallo con le briglie, sciolto. Una libertà dei corpi, una libertà dell'aria.
La seconda impressione: la terra come habitat naturale.
Oggi siamo, nell'Occidente, metropolizzati, villettizzati, macchinizzati, atomizzati. Solo certe vacanze possono trasmetterci l'illusione di un rapporto stretto con la terra. Qui, invece, l 'habitat naturale dei protagonisti, lo spazio quotidiano, in cui si muovono, è la terra.
Con elementi specifici per ognuno. Il giocoliere camicia bianca su vestito scuro, con l'occhio puntato sulla pallina sospesa, forse non sta giocando, ma esercitandosi; il giovane disteso sull'erba non esprime forse soltanto un rapporto carnale con la terra, ma anche l'idea di un tempo non legata all'orario; il terzo uomo, chinato lievemente in avanti, non ha ruolo, ma perché dovrebbe averlo? ed è questa “incomprensibilità teatrale” la sua bellezza.
C'è poi una terza impressione più sottile, perchè legata alla storia dei gitani, che tuttavia la foto comunque richiama: il viaggio. Infatti: non abitazioni, ma uno spazio aperto e un cavallo; certamente un senso di stabilità (occupano davvero lo spazio), ma anche di provvisorietà (niente sembra legarli comunque a quel luogo).
Koudelka ferma l'attimo irrecuperabile con quella pallina sospesa, al di sopra della collinetta, nell'aria. E' questo dettaglio nei dettagli, il più mobile. L'attimo fra gli attimi.
La foto è stata scattata in Francia nel 1973 e fa parte di un libro “Gitani” (e poi di molti altri), pubblicato originariamente in Francia “Gitans: la fin d'un voyage” nel 1977.