di Mirta Vignatti
Vorrei dar conto di alcune letture di qualche tempo fa che non avevo
finalizzato con un commento: un “tesoretto” (o un'altra “mazzata” per chi ha la
rassegnata pazienza di leggere) che era rimasto in sospeso.
La
briscola in cinque di Marco Malvaldi: una risata che vi seppellirà.
Rigorosamente da non leggere in ambienti pubblici. Potrebbero prendervi per
matta.
Una
lama di luce di Camilleri: organizzatevi un black out di almeno 3 ore
spegnendo il cellulare. Nessuno deve rompervi “i cabasisi” durante la lettura:
non c'è solo l'indagine di Montalbano e la sua squadra, in questo libro ci sono
anche spunti di buona letteratura.
Underworld di Don De Lillo. All'inizio c'era il
romanzo ottocentesco francese, poi vennero i grandi, insuperabili russi,
aprendo nuovi orizzonti. Poi la crisi, le guerre, il realismo e il superamento
del realismo. Poi Dio creò Thomas Pynchon, Foster Wallace e De Lillo, e il
romanzo non è più stato come prima. Almeno uno dei tre bisognerebbe leggerlo
per capire il post-modernismo nordamericano, e forse il De Lillo di
“Underworld” è il più accessibile. Certo, già mi aspetto dei giudizi
“taglienti”, ma come De Lillo “legge” la storia e come riporta i dialoghi dei
suoi personaggi, riferendone il retro-pensiero e la frase che ne viene fuori...
nessuno. Un giorno questi tre saranno considerati dei maestri.
Qualcosa
di scritto di Emanuele Trevi. Un libro davvero da leggere, che raccomando in
modo particolare. Non c'è solo la ricostruzione dei materiali sparsi che -in
forma di appunti- Pasolini lasciò e che i curatori riuscirono a organizzare nel
libro postumo “Petrolio”. C'è anche tutto il clima intellettuale che ruota
intorno al centro-studi Pasolini di Roma, Walter Siti con le foto di uomini
nudi attaccate alle pareti del suo appartamento, lo stesso Trevi continuamente
mortificato dalla direttrice del centro Laura Betti, ma soprattutto lei, la
grande Laura Betti, che giganteggia con tutta la sua aggressività, la sua
violenza verbale, la sua bulimia; e le feste che organizza nel suo appartamento
nel centro di Roma, dove si incontrano tutti quelli che “contano”, con Moravia
(ma come doveva essere insopportabile?) che suggerisce alla Betti per telefono
il menu da preparare e le persone da invitare; e Pasolini sempre un po' a
disagio e ai margini di queste “fiere delle vanità”. Trevi riesce a ricostruire
gli ultimi percorsi della ricerca pasoliniana -tra esistenza e mito- in un dopo
“Salò-Sade” disperato e solitario. Una rielaborazione mentale di alcuni miti e
misteri dell'antica Grecia e una sperimentazione sul proprio corpo che era
stata accennata negli appunti di “Petrolio” e che lo porterà alla morte. Chi
può non lo perda.
La
vedova scalza di Salvatore Niffoi. Un autore che mi mancava e che ho letto con
grande interesse. Un tuffo nella “sarditudine” più arcaica, con un senso della
vendetta così primordiale da lasciare interdetti. Le difficoltà nel leggere le
parti in lingua sarda credo che si possano superare agevolmente e la
costruzione del romanzo con inserti di strofe e “battorine” da cantastorie dà
all'insieme un carattere mitico-epico. Se la devo dire tutta, nel mio percorso
di conoscenza della letteratura sarda preferisco a Niffoi (di cui comunque mi
propongo di leggere altro) un autore come Marcello Fois. Ma ovviamente questo è
un giudizio opinabile e del tutto personale.
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