12 novembre 2012

Romanzi da leggere di Malvaldi, Camilleri, Don Lillo, Trevi, Niffoi




di Mirta Vignatti

Vorrei dar conto di alcune letture di qualche tempo fa che non avevo finalizzato con un commento: un “tesoretto” (o un'altra “mazzata” per chi ha la rassegnata pazienza di leggere) che era rimasto in sospeso.
La briscola in cinque di Marco Malvaldi: una risata che vi seppellirà. Rigorosamente da non leggere in ambienti pubblici. Potrebbero prendervi per matta.

Una lama di luce di Camilleri: organizzatevi un black out di almeno 3 ore spegnendo il cellulare. Nessuno deve rompervi “i cabasisi” durante la lettura: non c'è solo l'indagine di Montalbano e la sua squadra, in questo libro ci sono anche spunti di buona letteratura.

Underworld di Don De Lillo. All'inizio c'era il romanzo ottocentesco francese, poi vennero i grandi, insuperabili russi, aprendo nuovi orizzonti. Poi la crisi, le guerre, il realismo e il superamento del realismo. Poi Dio creò Thomas Pynchon, Foster Wallace e De Lillo, e il romanzo non è più stato come prima. Almeno uno dei tre bisognerebbe leggerlo per capire il post-modernismo nordamericano, e forse il De Lillo di “Underworld” è il più accessibile. Certo, già mi aspetto dei giudizi “taglienti”, ma come De Lillo “legge” la storia e come riporta i dialoghi dei suoi personaggi, riferendone il retro-pensiero e la frase che ne viene fuori... nessuno. Un giorno questi tre saranno considerati dei maestri.

Qualcosa di scritto di Emanuele Trevi. Un libro davvero da leggere, che raccomando in modo particolare. Non c'è solo la ricostruzione dei materiali sparsi che -in forma di appunti- Pasolini lasciò e che i curatori riuscirono a organizzare nel libro postumo “Petrolio”. C'è anche tutto il clima intellettuale che ruota intorno al centro-studi Pasolini di Roma, Walter Siti con le foto di uomini nudi attaccate alle pareti del suo appartamento, lo stesso Trevi continuamente mortificato dalla direttrice del centro Laura Betti, ma soprattutto lei, la grande Laura Betti, che giganteggia con tutta la sua aggressività, la sua violenza verbale, la sua bulimia; e le feste che organizza nel suo appartamento nel centro di Roma, dove si incontrano tutti quelli che “contano”, con Moravia (ma come doveva essere insopportabile?) che suggerisce alla Betti per telefono il menu da preparare e le persone da invitare; e Pasolini sempre un po' a disagio e ai margini di queste “fiere delle vanità”. Trevi riesce a ricostruire gli ultimi percorsi della ricerca pasoliniana -tra esistenza e mito- in un dopo “Salò-Sade” disperato e solitario. Una rielaborazione mentale di alcuni miti e misteri dell'antica Grecia e una sperimentazione sul proprio corpo che era stata accennata negli appunti di “Petrolio” e che lo porterà alla morte. Chi può non lo perda.

La vedova scalza di Salvatore Niffoi. Un autore che mi mancava e che ho letto con grande interesse. Un tuffo nella “sarditudine” più arcaica, con un senso della vendetta così primordiale da lasciare interdetti. Le difficoltà nel leggere le parti in lingua sarda credo che si possano superare agevolmente e la costruzione del romanzo con inserti di strofe e “battorine” da cantastorie dà all'insieme un carattere mitico-epico. Se la devo dire tutta, nel mio percorso di conoscenza della letteratura sarda preferisco a Niffoi (di cui comunque mi propongo di leggere altro) un autore come Marcello Fois. Ma ovviamente questo è un giudizio opinabile e del tutto personale.

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