28 marzo 2014

"Col cuore come un temporale" di Giacomo Bini



 di Luciano Luciani



Continua anche ai nostri giorni il dibattito sulla natura della poesia. Eugenio Montale, uno che se ne intendeva, in un articolo apparso intorno alla metà del Novecento sulle pagine del “Corriere della sera” in proposito così si interrogava e si rispondeva: “Che cos’è la poesia? Per conto mio non saprei definire quest’araba fenice, questo oggetto determinatissimo, concreto eppure impalpabile, questa strana convivenza della musica e della metafisica, del ragionamento e dello sragionamento, del sogno e della veglia…”

In tempi più recenti, un bravo poeta originario della collina lucchese e nostro contemporaneo, Lio Attilio Gemignani, autore di una raccolta poetica, Mia Toscana, insieme intensa e delicata, tra memoria e bilancio esistenziale, si muove sulla stessa lunghezza d’onda e giudica la “poesia come mistero di ogni uomo. Quella zona segreta che ognuno di noi custodisce ed è fatta di dolore e di piacere, di commozione e di spiritualità, Noi  misuriamo sulla strofa la nostra interiorità”.

“Ragione cantata” (Lamartine”, “malattia” (Kafka), “un modo di prendere la vita alla gola” (Frost), la poesia continua a mantenere ignoti, impenetrabili, inconoscibili i suoi caratteri e moventi, origine e forza: a tutt’oggi non siamo riusciti a trovare risposte. Procediamo per approssimazioni circa i suoi modi di essere e manifestarsi, sempre elusivi, diversi,  sorprendenti…

Riflessioni, le mie, per niente originali, ma autentiche e sollecitate dalla lettura dell’ultima silloge poetica di Giacomo Bini, da tempo abituato a praticare questa particolarissima forma espressiva, per parteciparci sentimenti ed emozioni, rabbie e desideri, convinzioni e indignazioni: una pluralità, anche eccessiva, di toni e accenti che vanno dall’effusione lirica al recupero memoriale, dai versi d’amore alla retorica civile per raccontare il difficile mestiere di vivere hic et nunc, qui e ora: in un tempo spigoloso e tagliente quant’altri mai, in un luogo di antica civiltà, ma, certo, non esente dai problemi complessi di un faticosa e contraddittoria modernità.

“Poeta di pianura”, Giacomo appare intimamente legato alla sua terra, la Lucchesia, e alle sue genti di ieri e di oggi, ancora sospese tra un secolare mondo contadino e gli ultimi decenni segnati dall’irrompere di una contemporaneità globalizzata che, insieme alle prospettiva di formidabili - e sino a oggi aleatorie - possibilità, ci ha regalato anche nuove, inedite ingiustizie che sono andate a sommarsi alle antiche.

Contro le recenti e le vecchie povertà, materiali e soprattutto morali, s’impenna la voce del Poeta, talora troppo stentorea e non sempre capace di evitare il rischio di un’oratoria certo franca, schietta, ma, almeno a mio parere, troppo gridata. Più convincenti, invece, da rimanere in maniera duratura alla coscienza dei Lettori i versi intrisi di ricordi familiari; la riscoperta, con gli occhi di allora e la nostalgia dell’oggi, del tempo e dei giochi incantati dell’infanzia e della primissima adolescenza; e poi, forse, la novità più significativa di questa raccolta, i testi, ricorrenti, che richiamano un amore coniugale vissuto con pienezza di affetti, sensualità e gratitudine per la propria compagna di vita.

Sempre sincera l’ispirazione di questo Poeta “col cuore come un temporale”, vera, plausibile la sua commozione che s’impasta col piacere di una parola poetica densa ed evocativa, capace di suscitare in chi legge i continui cerchi concentrici di una suggestione mai fine a se stessa.

Con l’intenzione, invece, di ricordare agli uomini l’inesauribile ricchezza dell’esistenza e le sue straordinarie diversità e affermare le fondamentali verità umane che, giorno dopo giorno, devono servire da pietra di paragone al nostro vivere.


Giacomo Bini, Col cuore come un temporale, Comune di Capannori, 2014, pp.50, sip

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