di Gianni Quilici
William Somerset
Maugham è scrittore in bilico tra l‘800
e il ‘900. Dall’800 riprende la storia come concatenazione di fatti che creano
sentimenti forti, collocati in un ambiente, di cui possiamo cogliere poteri,
classi sociali ed ideologie; del ‘900, invece, uno stile essenziale, in cui narrazione
e dialoghi sono fluidi e avvincenti.
Ciò si ritrova
anche in Pioggia, un romanzo breve,
che ha al centro tre personaggi principali: un medico, che più di tutti
rappresenta lo sguardo sulla vicenda (anche se Maugham utilizza la terza
persona), un missionario ed una giovane prostituta, che fugge dal suo passato.
I due uomini con le rispettive mogli, sono costretti a fermarsi in un’isoletta
dell’oceano Pacifico come pure la giovane donna belloccia e provocante.
Una delle isolette,
allora colonie europee, dove si svolgerà
il racconto, con una striscia argentea
di sabbia che sale rapida a colline ricoperte da una vegetazione rigogliosa con
case di erba e un chiesuola
biancheggiante, abitata da uomini e donne seminudi, con segni di malattie
diffuse: framboesia, papule deturpanti e,
per la prima volta, il medico vede, anche casi di elefantiasi.
In questo scenario
si inserisce una pioggia così continua ed insistente da diventare simbolica. Scrive Maugham:
“Non era la
pioggerellina inglese, che cade gentilmente sulla terra; era una pioggia
spietata, in qualche modo terribile; ci sentivi la malignità delle forze
primordiali della natura. Non cadeva, fluiva. Era un diluvio celeste, e batteva
sul tetto di lamiera con un’intima rabbia. E a volte ti veniva da urlare perché
smettesse, e poi ad un tratto ti sentivi impotente, come se ti fossero
d’improvviso ammollite le ossa, ed eri infelice e scoraggiato”
Mr Richardson,
così si chiama il missionario, è presentato, già nell’ aspetto, come singolare.
Alto, magro, guance cave, zigomi prominenti, aria cadaverica con, però, labbra
piene e sensuali, capelli lunghi e soprattutto occhi scuri, profondamente
infossati, grandi e tragici come di fuoco e vagamente inquietanti.
Ho ripreso, in
sintesi, la descrizione con cui Maugham scolpisce l’aspetto psico-fisico del missionario, perché Pioggia rappresenta benissimo ciò che si nasconde dietro un
misticismo, che non ammette possibili compromessi, neppure il più naturale buon senso.
E questa
rappresentazione risulta tanto più efficace, da un lato perché possiamo leggere
nel comportamento privo di pietà del missionario una cultura repressiva
vendicativa, che ha bisogno, cioè, di vendicarsi di un “torto” latente;
dall’altra possiamo capire solo alla fine, quando scoppia la tragedia, in modo
magistralmente implicito, ciò che Mr Davidson nascondeva dietro il suo ferreo e
intransigente puritanesimo. Una profondità, che diventa stile.
W. Somerset Maugham. Pioggia. (Rain).
Traduzione di Franco Salvatorelli. Adelphi Edizioni.
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