18 marzo 2009

"Europa/Occidente": intervista a Felix Duque


di Emilio Michelotti

Come metafora della civiltà europea, per il filosofo madrileno, conviene non pensare a una o più religioni, ma a un foglio bianco. Una pagina che si è arricchita via via di contaminazioni identitarie feconde, spesso sanguinarie.

Se c’è bisogno di una sacralità sulla quale fondare l’autorità della norma (e Duque la riconosce come necessità almeno psicologica), questa è individuata appunto nel bianco del foglio, “ferita, mancanza, possibilità” non ancora pensata – e forse non pensabile.

Occidente è termine ambiguo, terra del tramonto, luogo “uccidente”, che viene ucciso, ma anche che uccide, soggetto a continue fascinazioni intorno alla sua centralità, o purezza, o nobiltà delle origini, delle quali oggi si teme il ritorno come dovere di custodia.

Il modello nord-americano rappresenta una deriva, una attrazione e un’opposizione: società di uniformizzazione inclusiva/esclusiva nella quale un deismo intransigente si è assunto il compito (in qualche modo dichiarato: e pluribus unum) di fare della molteplicità un popolo solo, eletto, assoluto (nel senso di un risultato senza residui), fine hegeliana della storia. E un’umanità autentica sarebbe quella che rivendica a sé questa necessità.

Un progetto, questo sì non dichiarato, che si fonda su due menzogne primigenie:
1)- che ogni coscienza individuale sia il centro del mondo
2)- che esistano valori assoluti

Per Felix Duque, “valore” è un concetto dell’economia capitalista, nasce nella società mercantile e si sviluppa in due momenti: a) – produzione di caos, b)- offerta di rifugio in pensieri forti.

Anni indietro è parso che una società globalmente mercificata non avesse più bisogno degli stati nazionali. Ma ormai lo stato postmoderno si appoggia ancora una volta a terrori irrazionali, come la paura del terrorismo, per ricreare surrettiziamente il bisogno di tutela, utilizzando a questo fine la diffusa cattiva coscienza, l’aleggiante fantasma postcolonialista.

Una tecnologia ancillare accompagna questa nuova ideologia con la creazione di bisogni artificiali, illudendo le masse sull’esistenza di una seconda natura, di un’artificialità ontologica, più autentica e originaria di ciò che un tempo veniva spacciato per naturalità.

Per Duque la speranza hegeliana non è un mito da rigettare “in toto”, a condizione che ne si abbandoni il nucleo eroico che le si connette: la morte può effettivamente “uccidere se stessa”, quando (come sostengono Deridda e Levinas) si è capaci di dare non la propria vita ma la propria morte per evitare la morte altrui.

In altri termini solo l’antico tema precristiano dell’ospitalità è in grado di sfuggire al feroce meccanismo individuato da Nietzsche: Compassione – come volontà di potenza /vergogna/ sterile ribellione come rivalsa. Ospitati e ospitanti sono da sempre non a caso uniti in un sol termine, e gli ospiti siamo noi.

Europa/Occidente- RED tv- martedì 17 marzo 2009- ore 21,30