14 marzo 2009
"Dario Vergassola" di Gianni Quilici
Dario Vergassola non ha la forza di tenere da solo in piedi uno spettacolo come quasi nessuno sa fare in Italia tranne pochi: Benigni, Paolini, Dario Fo, forse Paolo Rossi.
La sua caratteristica peculiare è la velocità, la velenosità, perfino la stupidità della battuta. Non racconta come sa fare Benigni, non deforma genialmente personaggi come sanno fare Corrado Guzzanti, o spesso Sabina Guzzanti e Maurizio Crozza e, a volte, Neri Marcorè e Teo Teocoli.
Vergassola è un “punzecchiatore”, che interviene nello svolgersi di uno spettacolo come spalla o da solo con una gragnuola di battutacce alcune geniali, altre stupide. La stupidità di Vergassola è, però, divertente, perché è, a volte, così assurdamente stupida (penso alle domande agli ospiti del divano di Serena Dandini) e detta in modo così birichinamente autocritico, che fa sorridere.
Infine, diversamente da Piero Chiambretti, che esibisce nelle sue trasmissioni “il sesso” come strumento di audience, Dario Vergassola lo usa per delineare il suo personaggio di desideroso- sfigato, che è poi tipicamente italico.
Non a caso Berlusconi, che non è un comico, ma che ha (smisurate) ambizioni cabarettistiche, lo usa (il sesso) per arricchire il suo profilo di sempre giovane (nonostante l'età) seduttore, da tombeur de femmes. Il Cavaliere, con il suo sorriso insopportabilmente privo di qualsiasi distacco, se ne compiace; Vergassola finge di non riderci. Berlusconi si rivolge ad un pubblico di avanspettacolo. Vergassola (potenzialmente) a tutti.