di Maddalena Ferrari
Una lunga
camminata attraverso un corridoio e poi l’attore (Marco Paolini) ed un gruppo
di ricercatori, rigorosamente muniti di casco, arrivano nella Sala B, uno dei
laboratori sotterranei dell’Istituto di Fisica Nucleare del Gran Sasso, dotati
di macchinari complessi, finalizzati a progetti di studio. La Sala B è
videocollegata con la Sala Fermi del medesimo Istituto, più grande, dove sono
presenti altri ricercatori, più numerosi ( i laboratori sotterranei hanno
precisi limiti di capienza ), con cui alla fine dello spettacolo avverrà uno
scambio di informazioni\commenti, sotto la guida di Natasha Lusenti .
La scena: una
sfera, una mina vagante, che pende minacciosa dal soffitto, legata ad una
catena, azionata dall’attore mediante un argano: egli la fa salire, scendere,
oscillare; una campana, appesa anch’essa al soffitto, il cui suono secco e
inquietante irromperà qualche rara volta nella narrazione. Estrema sobrietà
anche per l’abbigliamento dell’attore, che, nel corso della performance, si
doterà di accessori quantitativamente irrilevanti, anche se metaforicamente
significativi.
Marco Paolini
inizia a scambiare qualche parola con il suo pubblico ristretto; poi chiama in
successione due ricercatori e fa leggere all’uno un “bignami” di Platone e
all’altro un “bignami” di Tolomeo. Così, tra Storia, Scienza, citazioni e
battute, è introdotto il tema: quale visione dell’universo e su quali basi?
Ma Paolini a
raccontare “la prende un po’ bassa” e l’ITIS, proprio nel senso di Istituto
Tecnico Industriale, è il segno del “meccanico” Galileo Galilei: uno che
cercava non il perché, ma il come...non per niente una vasta sezione dello
spettacolo è dedicata all’invenzione ed all’uso del cannocchiale.
Su questa base si
articola il conflitto fra pensiero dinamico, che parte dall’esperienza e
pratica l’esercizio del dubbio, e la visione dominante del potere, con le sue
certezze dogmatiche.
Il racconto procede avvincente, divertente e
denso di dati informativi.
Facciamo la conoscenza
di Galileo scienziato, delle sue scoperte e invenzioni, ma soprattutto del suo
metodo; ed anche di Galileo divulgatore dei propri studi : l’attore ci parla
della chiarezza e della bellezza dei suoi testi, dal “Sidereus Nuncius” alle
lettere, dal “Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e
copernicano” agli appunti, per arrivare all’ultimo “Discorsi e dimostrazioni
matematiche intorno a due nuove scienze”, apparso a Londra nel 1638, dopo la
condanna e l’abiura.
Siamo messi di
fronte alla grandezza di Galileo, che ci appare però nella sua complessità di
uomo, con contraddizioni e debolezze: le ambizioni, l’autoconsapevolezza, le
meschinità ( il rapporto con il potere, quello con la donna che gli dette tre
figli ), perfino le “cantonate” ( la teoria delle maree dovute al movimento
della terra ).
Ma nella pièce non
c’è solo Galileo: oltre a Copernico, Keplero, Bruno, che gli fanno buona
compagnia, c’è la storia del Teatro, ci sono Shakespeare e “Amleto”, di cui
ascoltiamo un piccolissimo estratto in “lingua madre” ( di Paolini, cioè il
veneto ); ci sono la riforma del calendario, il viaggio di Colombo, la medicina
e le lezioni di anatomia...
Lo spettacolo (
autori lo stesso Paolini e Francesco Piccolini ) si sdipana intensissimo, senza
dare tregua; ha momenti di pregnanza poetica: si apre la sfera ed all’interno
l’astrolabio viene fatto ruotare armonico dalla mano di Paolini, che con
l’altra mano tocca la catena come le corde di un violoncello, di cui sentiamo
la voce nel preludio della prima suite di Bach; l’attore si copre il volto con
una maschera e recita, in dialetto veneto, con qualche spruzzatina di inglese, la
dimostrazione che nel “Dialogo sopra i due massimi sistemi” Salviati fa
dell’erroneità delle convinzioni di Simplicius a proposito della condizione e
del movimento di corpi, animati e non, sopra un altro corpo, anch’esso in
movimento; e spunti di schietta comicità: l’esponente tedesco del Sant’Uffizio,
che proclama l’ereticità del testo di Copernico; Copernico,che, dopo aver aspettato,
come dice lui, tre volte nove anni, arrivato alla fine della sua vita, pubblica
il libro, tanto ormai...;Galileo che gigioneggia ( come anche l’attore che lo
interpreta, dice Paolini ), quando i Medici lo richiamano da Padova in
Toscana; il corporativismo dei professori dell’università di Pisa, che si
vedono passare avanti il nuovo venuto e poi devono anche cambiare il programma
di astronomia...
Marco Paolini. Itis Galileo. L'importanza della carta stagnola. La 7.
Marco Paolini. Itis Galileo. L'importanza della carta stagnola. La 7.
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