Una sfida
ormai vinta
Troppe le
auto in circolazione e poche le infrastrutture. Ovvero le strade. Con
una conseguente diminuzione della velocità negli spostamenti
che, nei centri urbani italiani maggiori e minori, è scesa da
una media di 9 km/h, registrata nel 2000, agli attuali, ancora più
modesti, 7 km/h : insomma siamo tornati al tempo dei carri e delle
carrozze a traino animale pre-rivoluzione industriale. Ragion per
cui, nel traffico sempre più intasato ecco fare la sua
ricomparsa, snelletta e leggera, la bici.
Già 15 anni fa, in occasione di una “sfida” organizzata in quel di Mantova da Legambiente, la risposta era stata inequivocabile: il mezzo di trasporto più veloce per muoversi in città è la bicicletta. Che non solo batte in velocità l’automobile negli spostamenti urbani, ma non avvelena l’aria, mantiene a livelli infimi il tasso di inquinamento acustico, contribuisce a dare un buon tono fisico a tutto il corpo. E quando arrivi a destinazione non ti crea problemi di parcheggio perché la puoi lasciare (quasi) ovunque: nello spazio occupato da un’auto possono essere parcheggiate più di 20 biciclette!
Già 15 anni fa, in occasione di una “sfida” organizzata in quel di Mantova da Legambiente, la risposta era stata inequivocabile: il mezzo di trasporto più veloce per muoversi in città è la bicicletta. Che non solo batte in velocità l’automobile negli spostamenti urbani, ma non avvelena l’aria, mantiene a livelli infimi il tasso di inquinamento acustico, contribuisce a dare un buon tono fisico a tutto il corpo. E quando arrivi a destinazione non ti crea problemi di parcheggio perché la puoi lasciare (quasi) ovunque: nello spazio occupato da un’auto possono essere parcheggiate più di 20 biciclette!
Insomma, le
città (e soprattutto i cittadini) potranno tornare a muoversi
solo se andranno in bicicletta… Sarà per questo che negli
ultimi dieci/quindici anni sono cresciuti nel mondo l’uso e la
conseguente produzione della due ruote, arrivata nel 2007 a ben 130
milioni di esemplari: il numero più alto di tutti i tempi,
pari a tre volte quello delle automobili realizzate nello stesso
anno.
Numerosi e
differenti i fattori che spingono a un sempre più
generalizzato uso delle due ruote.
Notizie
dal sud del mondo
A Cuba, per
esempio, le riscoperta della bici deriva nientemeno che dal crollo
del ‘socialismo reale’ e dalla conseguente caduta verticale delle
importazioni di petrolio sovietico che ha lasciato a secco la maggior
parte degli autoveicoli dell’isola. Ne è derivato, a partire
dall’inizio degli anni Novanta, una forte riconversione del
traffico e dei traffici nel senso delle due ruote bicicletta. E oggi
nell’isola caraibica oltre un terzo degli spostamenti avviene
usando le due ruote e i muscoli.
Una
situazione, quella cubana, per tanti versi simile a quanto ritroviamo
nella maggior parte dei paesi dell’America latina, dell’Africa e
dell’Asia dove biciclette e tricicli costituiscono il mezzo più
adatto per offrire mobilità a popolazioni a basso reddito e
soddisfano dal 20 al 60% dei bisogni complessivi di spostamento e di
trasporto-merci. Va ricordato che anche le grandi e popolose
metropoli del Terzo e Quarto mondo (Rio de Janeiro, Lima, Città
del Messico), soffocate dal sovraffollamento, dal traffico e dallo
smog hanno trovato un sensibile giovamento nell’uso generalizzato
delle due ruote e dei benefici effetti che queste sono capaci di
indurre: diminuzione dello smog, decongestionamento del traffico,
piazze e strade meno intasate e restituite a condizioni di maggiore
vivibilità.
Per non
parlare della Cina dove esistono 430 milioni di biciclette, la
“flotta” più grande del mondo e la produzione di questo
fondamentale mezzo di trasporto si è attestato sui 58 milioni
di ‘pezzi’ l’anno (era di ‘soli’ 6 milioni nel 1976): circa
il 40% della produzione planetaria di velocipedi, ma si presume che
questa cifra sia destinata a crescere fino al 60% nei prossimi anni.
Secondo
produttore mondiale di due ruote l’India con 12 milioni di bici
costruite nel 2003 (l’ultimo anno di cui si hanno cifre certe).
Cops in
bicicletta
Anche negli
iper-tecnologizzati Stati Uniti la necessità di risparmi
energetici sempre maggiori e una più spiccata sensibilità
ecologica hanno fatto guadagnare consensi alla bici. Qui le leggi
federali impongono oggi che ogni Stato nomini un coordinatore per il
traffico su bicicletta e che ogni Stato e ogni area metropolitana si
dotino di piani di gestione a lungo termine: gli Stati e i governi
locali hanno, inoltre, la possibilità, tutta nuova, di creare
strutture per le biciclette con parte dei fondi prima stanziati per
le autostrade. Colpisce una curiosa notizia negli Usa, quasi il 75%
dei dipartimenti di polizia dei centri urbani con oltre 50mila
abitanti dispone di pattuglie di sorveglianza in bicicletta. I
poliziotti su due ruote sono più veloci e possono raggiungere
il luogo di un crimine o di un incidente in silenzio. Operano
mediamente il 50% in più di arresti rispetto ai loro colleghi
in auto e hanno costi di manutenzione enormemente più bassi
rispetto alle pattuglie su quattro ruote. Merita, poi, di essere
segnalata la scelta compiuta dall’ University of New England nel
Maine e dal Ripon College del Wisconsin che hanno trovato conveniente
dotare di una bicicletta ogni matricola dei loro campus, a patto che
queste accettino di lasciare a casa l’automobile. Sostituire le
auto con le due ruote, sembra che non solo riduca traffico e
inquinamento, ma stimoli grandemente il senso di appartenenza a una
comunità.
Europa e
Giappone
Spostiamoci
in Europa. Anche qui la bicicletta sta conoscendo un’importante
fase di riconsiderazione e rilancio: l’Olanda ha più di una
bicicletta a persona, mentre la Danimarca e la Germania poco meno di
una a testa. In questi Paesi in dieci anni è quadruplicato il
numero dei pendolari casa-ufficio ‘a pedali’. Uno stile di vita
che aiuta a tenere basso il tasso di colesterolo e di trigliceridi,
fa risparmiare benzina e spese sanitarie e quindi favorisce
l’economia pubblica e le finanze private.
Insomma, a
cinque anni dal Duemila, la bicicletta non è più solo
hobby, sport o tempo libero, ma concreto elemento di modernità,
segno di una ‘rivoluzione democratica’ nel campo dei trasporti
urbani ed extraurbani, macchina povera ma in grado di rispondere ai
bisogni profondi degli uomini tanto del Nord consumista quanto del
Sud sottosviluppato del pianeta.
Interessante
anche il nuovo intreccio fra treno e due ruote che si realizza ormai
un po’ dovunque. In Giappone in qualsiasi giorno di lavoro davanti
alle stazioni ferroviarie vengono parcheggiati quattro milioni di
biciclette: qui l’utilizzo delle due ruote da parte dei pendolari
ferroviari ha avuto un tale successo che alcune stazioni ferroviarie
hanno investito in parcheggi multipiano verticali esclusivamente per
biciclette esattamente come avviene per le auto.
Italia e
Toscana
E in Italia?
Nel Bel Paese aumentano i segnali incoraggianti circa l’uso delle
due ruote: per esempio il bike sharing, ovvero bici pubblica, ovvero
dividersi una bicicletta nel senso di comparteciparla. È uno
degli strumenti di mobilità sostenibile a disposizione dei
Comuni seriamente intenzionati a ridurre i problemi che derivano da
un traffico automobilistico sempre più congestionato e dal
conseguente inquinamento. In fondo, ad addomesticare il traffico
possono contribuire una stazione di partenza, una di arrivo e una
bicicletta da condividere: questa l’idea, semplice ma innovativa,
per un mezzo di trasporto economico, relativamente veloce, non
inquinante che sta conoscendo una larga popolarità in un
numero crescente di città italiane, anche se in materia di
mobilità ciclistica il nostro Paese ha accumulato ritardi
assai pesanti rispetto al resto d’Europa.
Prima in
Italia a inaugurare un servizio di bike sharing è stata
Ravenna nel 2000 e oggi sono 121 nel nostro Paese le città
grandi, medie e piccole che propongono questo nuovo modo di intendere
e praticare la bicicletta, trasformandola da mezzo privato per
eccellenza a mezzo pubblico da condividere. A dire la verità,
le cifre sono ancora modeste: con le sue 1400 biciclette a
disposizione per 13.000 abbonati è Milano a offrire il
servizio di ‘bici condivisa’ più ampio e articolato. Roma,
invece, ha 26 solo stazioni per appena 300 biciclette, mentre Brescia
dispone a tutt’oggi di 24 postazioni per 260 mezzi, 300 ne utilizza
Siracusa… Certo, siamo lontani dalle 20 mila biciclette messe a
disposizione dei parigini nella capitale francese, ma diciamo che da
noi la tendenza (almeno quella!) è decisamente incoraggiante.
Quale lo
stato dell’opera in Toscana? Appena sopra la soglia della
sufficienza e, come si diceva per gli studenti svogliati, la Toscana
potrebbe fare di più se solo si applicasse. Ma prendiamo solo
il buono e valorizziamolo. Per esempio, nell’isola d’Elba il
prossimo anno i turisti che visiteranno Marina di Campo potranno fare
a meno dell’auto perché per loro ci saranno non solo 7
chilometri di piste ciclabili, ma anche un servizio di bike sharing
che collegherà il centro del Comune a tutte le frazioni e la
possibilità di usufruire di biciclette elettriche con pedalata
assistita. Un’esperienza che piace anche nella Toscana interna: a
Pontedera, in via ancora sperimentale, sono state recentemente
inaugurate 5 postazioni di bike sharing e si parla di un’utenza di
studenti e pendolari in significativo sviluppo. E mentre questa
pratica fa capolino a Grosseto, che con i suoi 23 chilometri già
operativi e altri 25 in arrivo è oggi la prima città
delle regione in materia di piste ciclabili, anche Massa si sta
orientando verso una serie di interventi – ampliamento della ZTL;
attuazione di una più ampia rete di piste ciclabili, servizio
di bike sharing – mirati a una mobilità meno affannata, meno
inquinata e più rispettosa dell’ambiente.
E poi, vuoi
mettere?, pedalare è un piacere e, per di più, fa bene
alla salute !
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