PETROLIO DI PASOLINI,
ELEUSI ALLA LUCE DEL SADOMASO?
di Emilio Michelotti
Ho
letto Qualcosa
di scritto di Emanuele
Trevi. Mi è sembrato un bel libro, agile, accattivante. Non tutto, però, mi
pare andato per il verso. Provo a tratteggiare quel che mi trova concorde e
quello che – chi legge perdoni la presunzione – non mi convince.
Tralascio
le molte pagine di amorose maldicenze e di affettuosi pettegolezzi su Laura
Betti e vado al sodo.
Concordo
su:
1)-
Forse l’ultimo romanzo di PPP è un finto abbozzo, la sua incompletezza è
presumibilmente in gran parte una scelta letteraria.
2)-
Il racconto si fonde con l’esperienza vissuta, ne rappresenta la sua stessa
stesura narrativa.
3)-
Pasolini, quindi, sperimenta, nello stesso momento che documenta, un rito di iniziazione,
che per Trevi è consustanziale alla scelta sessuale di “fare la femmina”.
4)-
E’ un’iniziazione in piena regola e, come tale, è intesa da PPP come
morte-rinascita, passaggio a una superiore conoscenza.
5)-
Conoscenza ciclica, anche nel senso di un circolo ermeneutico che va dalla
creazione testuale alla comprensione “totale” e viceversa.
6)-
Condizione di questo passaggio di consapevolezza è l’esperire l’intera gamma
delle possibilità umane. Centrale è il
binomio differenza/identità sessuale.
La stessa antinomia presente nel mito di Tiresia, aggiungerei, nel quale il
potere di preveggenza origina dalla più radicale delle iniziazioni: tornare ad essere maschio dopo essere stato femmina.
7)-
Petrolio è “un’opera-mostro”, “una morte in atto”, “qualcosa di sporco come
l’acqua del cesso prima di tirare la catena”. Ma è anche, con le coeve Salò e Divina mimesis, fra le opere più caste che si conoscano.
Che
cos’è che ha suscitato, in me lettore, un po’ di delusione e una leggera
irritazione?
a)-
Il legame di Salò con Sade è più
che esplicito, didascalico. E, in un certo senso, il nesso vale anche per Petrolio. Ma non direi nel senso indicato da Trevi. A me pare che PPP
si serva del sadismo e del masochismo come strumenti e manifestazioni esteriori
del rito di passaggio stesso. Una cosuccia che implica il molto di funereo
presente nella sessualità e la effettiva possibilità di autoannientamento e
autoimmolazione. E che, trasferita sul piano letterario-filosofico, rappresenta
una chiarificazione di quanto vi è di sacro nella violenza del sesso.
Un’idea
di sacralità (intoccabilità, praticabilità eversiva) che, dalle più antiche
società patriarcali, giunge quasi intatta a quelle capitalistiche del
Novecento. Non è un caso che gli “illuminati” Sade e Pasolini fondino su tale
trasgressione la loro critica radicale all’illuminismo, per l’uno, e alla sua
estrema deriva consumistica, per l’altro. Due autori “ciechi”, marchiati cioè
in modo indelebile, disumanante (come, appunto Tiresia), di una terribile
capacità di preveggenza (pre-videre,
vedere prima, con agghiacciante lucidità).
b)-
Dal mondo dei Troya/Cefis, del potere stragista e mafioso, origina, per
accumulo, l’intero disordine cosmico. Ogni nefandezza di questi osceni
personaggi permane nell’intera storia umana e va a formarne il grumo malefico.
Ai due Carlo Valletti è affidata tutta la possibilità di conoscenza possibile,
ma nessun potere d’intervento. Sono due impotenti, anche se in modo molto diverso. Il
doppio produce l’androgino, il doppio del doppio. Figure simili alle dee mediterranee,
estromesse dal potere, con grandi seni cadenti per lunghi allattamenti e il
sesso, significativamente, come “piccola piaga”, come “un nulla coperto da una
macchia di peli”. Carlo primo, dopo l’esperienza androgina è condannato, per
nascita e cultura, al dubbio, alla autocolpevolizzazione.
A
Carlo secondo tocca in sorte la “conoscenza totale”. Giusto. Non mi pare un
caso, però, che questi avesse scelto, come donna nel suo percorso iniziatico,
la promiscuità più innocente e abietta, che si concretizza nel Pratone della Casilina in
ciò che Trevi definisce “estasi della sottomissione”. Da ciò il dono della visione, della
preveggenza profetica sul genocidio che si sta consumando nell’indifferenza
generale.
c)-
Nulla Eleusi ha a che fare, a mio parere, con le pratiche sadomaso. Casomai col
rifiuto del sesso, con la partenogenesi, se Persefone è figlia della casta
Demetra. Con l’uno e il molteplice (chicco e spiga), col doppio (pre-dantescamente
madre e figlia di sua figlia). Il citeone (orzo, miele, menta) si oppone all’ebbrezza
dionisiaca (non c’è fonte che citi droghe). Quel che colpisce PPP è certamente
il contenuto di protesta femminile e antiurbana che s’instaura per un millennio
alla periferia di Atene. E la violenza generatrice di colpa che egli vi scorge
è proprio ciò che ha dato vita al “suo” mondo contadino: un inganno, uno stupro, che costringe Gea a produrre figli
non suoi, mostruosi ibridi partoriti dalla mente maschile, una violenza
simboleggiata dal ratto di Persefone da parte di Plutone.
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