Autoerotismo:
storia di un’ossessione
di Luciano Luciani
La storia millenaria della Chiesa ha conosciuto di
tutto: l’eroica resistenza, con le conseguenti persecuzioni, al potere politico
e l’alleanza con esso; la faticosa definizione di una gerarchia; scismi e
Concili, eresie e antipapi… Sorprende, quindi, che all’interno della comunità
dei credenti in Cristo, nel corso dei secoli, sia stato possibile dedicare
tante delle proprie energie e intelligenze allo sforzo di confinare nella sfera
dell’immoralità ogni manifestazione sessuale. Non c’è santo, Padre o Dottore
della Chiesa che a questo aspetto della condizione umana non abbia riservato
almeno una parte della propria riflessione e del proprio agire con l’obbiettivo
di contrastare e condannare l’erotismo, non disdegnando talora di ricorrere
anche alla repressione e al terrore. Nella perenne tensione della Chiesa a
regolare e uniformare tutte le emozioni umane, anche le più private, le più
intime, quindi quelle che attengono alla sfera della sessualità, ritornano
ossessivamente soprattutto due comportamenti da normare e punire: la mollicies e il vitium sodomiticum.
Per una trattazione del secondo e della sua percezione
nelle leggi e nel senso comune, rimandiamo alla sempre più fitte e documentate
pubblicistica e letteratura di orientamento omosessuale. Per quanto attiene
invece alla mollicies, ovvero la
masturbazione, e l’ ossessione che essa ha costituito per legioni di teologi e
moralisti, igienisti e psichiatri, questa Storia
della masturbazione, opera di due serissimi storici della Libera Università
di Bruxelles, rappresenta davvero “un quadro completo, esauriente, inquietante
dei cambiamenti sociali, di come il corpo e il piacere siano stati il terreno
di scontro e di incontro di ideologie, presunte concezioni mediche mai realmente
documentate, visioni apocalittiche collegate alla religione” (Mazzuccato).
Chiunque
compia la polluzione volontaria all’infuori del matrimonio, chiamata dai
teologi mollities, pecca contro
l’ordine naturale… La polluzione volontaria e compiuta in stato di veglia,
tramite la manipolazione degli organi sessuali, l’evocazione di fantasie
voluttuose, i cattivi discorsi o le conversazioni con donne o uomini, la
lettura di libri impudichi o tramite qualunque altro mezzo, è peccato mortale.
Affermazioni siffatte le ritroviamo nella Somme des pechez, scritta nel 1584 del
francescano francese Benedicti e rimandano al rigore controriformistico di una
Chiesa profondamente coinvolta nel progetto radicale di una santificazione
della vita quotidiana di tutti, su
cui impegnare allo spasimo le autorità religiose e richiamare con intransigenza
quelle civili.
La masturbazione è contra
naturam e, come tale, condannata, un secolo dopo l’altro, dal fior fiore
dei teologi morali: peccato contro natura per il domenicano Tommaso d’Aquino è
la polluzione “che avviene senza unione carnale, per ottenere il piacere dei
sensi”; “abominevole purulenza” la giudica Jean Gerson (1363 – 1429) teologo
transalpino, filosofo e mistico, Doctor
Christianissimus, che s’interroga in maniera accorata su come estirpare
dall’animo dei fanciulli “quel peccato detestabile che chiamano mollities”. Per lui il peccatum molliciei fin dai più teneri
anni non è colpa da sottovalutare: “anche se, per via dell’età, non è stato
seguito da polluzione… ha distrutto la verginità di un bambino più che se
questo, alla medesima età, avesse frequentato le donne”. Contro natura lo
considera anche sant’Antonino da Firenze (1389 – 1459), il “campione della
serietà”, arcivescovo di Firenze, teologo tardo scolastico e letterato. Un
giudizio ribadito in pieno Rinascimento laico e libertino anche dal Cardinal
Caetano (1469 – 1534), generale dell’Ordine domenicano e consigliere papale: le
manipolazioni e l’eiaculazione volontaria costituiscono un peccato mortale.
Una condanna radicale che veniva da lontano e
affondava le sue radici nientemeno che nella Bibbia, nella parola divina. Nella Genesi (38, 6-10), infatti, leggiamo che:
Giuda prese
una moglie per il suo primogenito Er, la quale si chiamava Tamar.Ma Er,
primogenito di Giuda, si rese odioso al Signore e il Signore lo fece morire.
Allora Giuda disse a Onan: “Unisciti alla moglie del fratello, compi verso di
lei il dovere di cognato e assicura così una posterità per tuo fratello”. Ma
Onan sapeva che la prole non sarebbe
stata considerata come sua; ogni volta che si univa alla moglie del fratello,
disperdeva per terra, per non dare una posterità al fratello. Ciò che egli
faceva non fu gradito al Signore, il quale fece morire anche lui.
Dunque, Onan non vuole dare a Tamar un figlio perché,
secondo il Levirato, (consuetudine ebraica secondo la quale se un uomo sposato
moriva senza figli, suo fratello o il parente più prossimo doveva sposare la
vedova), il loro figlio primogenito sarebbe stato considerato legalmente figlio
del defunto. Preferisce, allora, masturbarsi o, come sostengono i più,
praticare il coitus interruptus.
Fatto sta che, in entrambe i casi, disperde il seme, contravvenendo, così, al
disegno divino della discendenza. Un peccato gravissimo agli occhi del Dio
giudaico che non esita a colpire Onan nel bene stesso della vita, la stessa che
il secondogenito di Giuda aveva negato al figlio potenziale e mai nato.
A questo passo dell’Antico Testamento si era aggiunto, poi, san Paolo (5 – 67), il
fondatore del Cristianesimo come religione universale, che in passo della prima
Lettera ai Corinzi (6, 9-10) così
aveva ribadito: “Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né
effeminati (molles), né sodomiti, né
ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno
di Dio”. Molles, coloro che si
dedicavano alle mollities.
È così che si aprì la caccia ai mastupratores, responsabili di un crimine enorme e orrendo. Una
contrapposizione frontale alle mollicies
che ha impegnato per secoli generazioni di confessori ed educatori, medici e
tuttologi e che solo in tempi recenti, la seconda metà del secolo scorso,
appena ieri, sembra aver perso la sua virulenza. In mezzo duemila anni di
reprimende e sensi di colpa, frustrazioni e angosce, senza escludere rimedi
radicali tra il bizzarro e l’atroce: per gli uomini, salassi, cinti
antimasturbazione, legacci; per le donne, l’infibulazione e la clitoridectomia.
Percepito, l’onanismo, come molto più maligno e rovinoso del coito e perfino
degli eccessi con le donne: perché quello è guidata dall’immaginazione (che, si
sa, è sempre pericolosissima!), questi sono figli di impulsi naturali e
facilmente riconducibili a luoghi deputati, i bordelli, separati ma
controllati, segregati ma sorvegliati dal potere, sia civile sia religioso.
E tra gli avversari conclamati dell’autoerotismo tanti
che davvero non ci saremmo aspettati. Per esempio, Kant, il pensatore ai
vertici del pensiero europeo tra il Secolo dei Lumi e il Romanticismo: “Niente
indebolisce di più lo spirito e il corpo quanto quel genere di voluttà che si
soddisfa da sé e che contrasta tanto con la natura umana” (Trattato di Pedagogia, 1803); anche Rousseau, il filosofo del
sentimento della natura, non scherza: “quella terribile abitudine, la più
funesta cui la gioventù possa mai soccombere”. Durissimo in materia il
barricadiero Proudhon: “Un vizio vergognoso che decima la gioventù. Tolstoj
nella Sonata a Kreutzer racconta come
in collegio, a sedici anni, pur senza aver mai conosciuto una donna, pure avesse
cessato di essere innocente: “La mia solitudine era impura. Soffrivo come
soffre il novantanove per cento dei nostri ragazzi, provavo orrore, penavo,
pregavo e ricadevo… Mi autodistruggevo”. Per Emmanuel Mounier “L’attività
masturbatrice è un’attività deviata dal suo fine e privata della disciplina
della realtà. Chi ne diventa schiavo agisce ormai senza scopo… la sua volontà è
rovinata. La sua vita affettiva è dominata dalle componenti infantili, egoismo
e violenza distruttrice… Mescola un brutale cinismo a una morbosa timidezza”,
mentre lo scrittore antitotalitario ungherese Arthur Koestler non va oltre
l’idea di contrapporre all’autoeroismo, inteso come “malattia”, una “cura”
fatta di igiene, alimentazione appropriata, un sano esercizio fisico. Per non
parlare di Sigmund Freud, il padre della psicanalisi, sospettosissimo nei
riguardi della masturbazione, che, a suo parere, comporta ogni genere di
negatività: disordini nevrotici e nevrastenia, un’alterazione della normale
potenza sessuale, la trasformazione del carattere un allentamento dei legami
dell’individuo con gli altri una prevalenza della vita immaginaria sulla
realtà, un mantenimento della condizione infantile…
Una lettura colta e avvincente, un ottimo antidoto
contro la stupidità umana travestita da verità scientifica.
J. Stengers
– A. Van Neck, Storia della masturbazione,
prefazione di Francesca Mazzuccato, Odoya Bologna, 2009, pp. 237, Euro 16, 50
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