05 novembre 2013

"Trapianti" mostra di Enzo Cei




di Gianni Quilici

Ultimo lavoro fotografico di Enzo Cei “Trapianti” al LUCCAphotoDIGITALfest, in corso a Palazzo Guinigi fino all'8 dicembre 2008.
Enzo Cei, nato a Pisa, ma residente a Lucca da molti anni, è un fotografo che può stare a fianco dei più grandi fotografi oggi in Italia e forse nel mondo, anche se non ha, ne' ricerca, quel “successo commerciale” o quella “visibilità”, che altri, a volte inferiori, cercano e hanno.

Enzo Cei, infatti, non fa il “fotoreporter itinerante”, in cerca di storie crude; è fotoreporter, invece, estremamente radicato. I suoi temi, almeno finora, non sono quelli epocali della guerra o della fame o per un altro verso della moda e degli “eventi”, ma, come egli stesso ha scritto, è “l'ordinario come evento dentro storie radicate”. Leggendo i suoi libri troviamo come protagonisti, infatti, i cavatori di marmo, i degenti dell'ex OP di Maggiano, i  costruttori del carnevale di Viareggio, i lavoratori della carta ecc. Libri che richiedono, per il modo scrupoloso con cui vive la sua professione,  anni di tempo. Dai “ Cavatori”, che hanno richiesto 6 anni, fino a “Trapianti”, oltre 3, perché ciò che interessa a Cei è tutto il percorso di un “fatto”, non soltanto il risultato finale.

“Trapianti” è una mostra facile e difficile. Facile, perché ha un messaggio diretto, immediatamente coinvolgente; difficile, perché sono tanti i segni che la percorrono, diversi i possibili livelli di analisi.

Il primo più elementare livello è il racconto-documento, che ci consente di comprendere le varie fasi in cui si sviluppa un trapianto: l'attesa, il prelievo degli organi e il trasporto, la preparazione e l'intervento, il decorso post-operatorio, il ritorno alla vita. Nella mostra poco più di 30 fotografie sintetizzano le varie fasi. Ogni foto ha una didascalia, che argomenta ciò che spesso si (intra)vede. Alla fine si capisce la complessità di un trapianto come risorse umane e professionali, come dolore e gioia.  

Il secondo e più approfondito livello è la foto o meglio la complessità che questa presenta.
E' sempre difficile generalizzare su un insieme di immagini, perché ogni foto ha spesso una sua specificità, una sua unicità.  Tuttavia si possono raccogliere alcuni elementi di tipo linguistico. 

1) L'essenzialità della foto. Cioè la concentrazione solo sugli elementi indispensabili per cogliere il senso, evitando la dispersione della concentrazione e lasciando all'immaginazione  il fuori campo, la possibilità di prefigurarlo.

2) La consequenzialità narrativa delle foto. Abbiamo per esempio nella serie di foto che documentano l'intervento una serie di piani, tra loro diversi: il primissimo piano dell'incisione;  il campo medio dell'intervento, che riprende sia  il volto del  trapiantato che l'équipe di chirurghi all'opera; il campo totale su diversi nuclei di medici-infermieri insieme e separati, ognuno con il suo compito specifico; infine primi piani (intensi) di chirurghi, di anestesisti, di infermieri durante l'intervento.

3) I contrasti del bianco e nero. Qui i contrasti anche netti sono importanti, non solo perché consentono di evidenziare aspetti facendoli risaltare visivamente, ma perché in molte di queste “situazioni” il contrasto è intrinseco ai fatti. Un esempio.  C'è la bellissima foto dell'attesa.

Scrive Enzo Cei, raccontando il retroscena della foto:
Luigi non voleva accettare un rene dalla moglie, ma Irene è stata tenace, almeno quanto il suo corpo, in quella fila di esami tesi ad accertare l’idoneità a donare. Con Irene e Luigi ho condiviso un po’ della loro attesa. S’era nel periodo natalizio e loro, in compagnia della figlia Donatella e del cane, aspettavano la chiamata per fare il trapianto. Ogni squillo di telefono un sobbalzo. Ma le ore non passano mai e le telefonate sono tante. Seduto alla tavola, con la testa appoggiata, Luigi guarda fuori, verso la finestra; in un attimo lo vedo riflesso nel vetro della tv spenta, e sento che quello scatto, con la sua fetta di albero di natale, potrebbe essere quello buono, quello che stampato coi toni giusti e il contrasto vivace, possa restituire quanto ho respirato tra quei muri”.

In questa foto due aspetti (mi) colpiscono:
* la distanza sia fisica (campo lungo su Luigi piccolo nella foto), che psicologica (Luigi è il riflesso della TV) ed è però la distanza, forse invalicabile, tra chi sta vivendo un'attesa terribile e chi sta assistendo a questa attesa, anche se partecipe;
* la simbologia che la figura di Luigi assume in un triplice contrasto, che la fotografia contiene: l'atmosfera che si vorrebbe familiare e calda dell'albero natalizio; lo sfondo buio della stanza, che è predominante; ed il pertugio bianco della finestra, che è lo sguardo di Luigi su un orizzonte che esiste, ma non si vede. Ecco che la silhouette piccola e anonima di Luigi, scolpita nella cornice della finestra, assume una dimensione “simbolica” quasi “assoluta” di un'attesa in cui sono in gioco i due elementi decisivi per chiunque: la vita e la morte.

In questa foto c'è, quindi, il terzo livello: la poesia. Queste foto “toccano”, come direbbe Roland Barthes, non solo quelle più immediatamente  emotive, ma pure le immagini apparentemente documentative. Prendiamo la foto che fa da copertina alla  mostra  e al libro (in corso di pubblicazione). Come documentazione è una fotografia eccezionale. E' (forse) la prima fotografia nel Pianeta, che rappresenta un cuore ancora pulsante.
C'è, però, un di più: le mani che offrono. Il dono. Il biancore dei guanti e nello sfondo assolutamente buio si scolpisce un miracolo: un cuore.

Infine, come ultimo aspetto, la parola come poesia nel suo intreccio con la foto.
Enzo Cei, oltre alla didascalia, ha aggiunto ad ogni foto una frase lapidaria, che colga in modo mediato-immediato l'attimo. Queste frasi hanno l'ambizione del verso e raggiungono talvolta la poesia. Ne ho trascritte qualcuna di queste frasi-versi, anche se andrebbero lette insieme alle foto, a cui si riferiscono:
“Col fiato sospeso in punta di vento”, “Archi di ciglia puntate al bersaglio”, “E loro e l'albero e il mondo”. 

da "Lo schermo" 30 novembre 2008
    
         
       

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