17 gennaio 2014

"Espiazione" di Ian McEwan



di Caterina Donatelli


Generalmente cerco scrittori in cui sento più la vita e attraverso l’osmosi silenziosa con le parole, tento di sentire me; allo stesso tempo la lettura mi serve come  forma di conoscenza del mondo.

Di Ian McEwan avevo già letto “Cani neri”, l’impressione fu di una scrittura molto nitida che scava e interseca i sentimenti umani, descrivendone le ombre e le tensioni, immergendoli nei temi complessi della storia contemporanea.  

Impressione che ritrovo nel libro “Espiazione”; romanzo dalla lettura più faticosa,  tessuto attorno a Briony Tallis, metodica ragazzina inglese con velleità da scrittrice che in una notte dell’estate del ’35, assiste ad una scena di violenza mutandola in una  visione, personale e manovrata, della realtà. Questa iperbole interpretativa determina il capovolgimento del destino di tutti i personaggi della storia, in particolare della sorella Cecilia e del suo giovane amante Robbie Turner, alimentando il senso di colpa che morde dentro alla ricerca disperata di un perdono salvifico.

A complicare ulteriormente il loro percorso esistenziale, si innesta la guerra che amplifica il cambiamento, fornendo nuove traiettorie ai tre personaggi, oramai cresciuti, ognuno indiscutibilmente segnato dagli eventi di quella notte e impegnati nella conquista di un lieto fine, impigliato tra i fili dell’immaginazione letteraria che, non sempre, ne concede uno.

Lettura faticosa, dicevo; McEwan è uno scrittore attento ai dettagli, alle costruzioni meticolose degli eventi, ma ad una velocità che non coincide con la mia. Spesso leggendo avvertivo la voglia di superare, di andare oltre proiettandomi in avanti, mentre la scrittura mi obbligava a restare sui particolari, sulle singole percezioni che si aprivano su piani tangenti, per poi tornare nel fulcro dell’evoluzione degli eventi. E’ come se per tutto il romanzo, il ritmo di lettura non coincidesse con l’andatura della scrittura costringendomi a una lentezza che frenava l’arrivo alle ultime pagine e allo svelamento dell’intera storia. Inoltre, la precisione descrittiva  mi dava la sensazione di sentirmi non accolta dentro la narrazione e messa al margine dei fogli secondo un ragionamento calcolato, dove il lettore non può partecipare con il proprio vissuto alle vicende, ma deve assumere il ruolo di spettatore, senza mescolanze o fughe interiori. Eppure, trovavo estremamente intrigante questo  ‘scontro’ con l’autore capace di spingermi, parola dopo parola, sincronizzando i miei pensieri alla sua volontà rendendoli disciplinati e attenti. Ci vedevo dentro il lavoro costruttivo dello scrittore che non concede spazi di rielaborazione, intento a formulare un gioco a specchio con il personaggio di Briony, continuamente in preda all’immaginazione creativa e alla volontà di riscrivere la realtà.
A un certo punto, McEwan affida a questo  personaggio un pensiero che in qualche modo mi pare il manifesto del libro: “Briony aveva letto Le onde di Virginia Woolf tre volte pensando che perfino la natura umana stesse subendo una grande trasformazione e che soltanto l’arte, un nuovo modo di concepire la letteratura, sarebbe stata in grado di cogliere il senso del cambiamento. Penetrare all’interno di una mente e mostrarne il lavoro e il lavorio interiore e inserire tutto questo in una struttura geometrica: ecco un autentico trionfo artistico.” 

Io non so definire se questo romanzo sia un autentico trionfo artistico, di certo posso dire che più di ogni altro libro, mi ha sfidato in quanto lettrice, ma anche appassionata della scrittura e se la sfida è durata fino al congedo da Briony, al suo settantasettesimo compleanno, forse è perché qualcosa di quel lavorio interiore, mi appartiene. 


Ian McEwan- Espiazione. Einaudi, 2002.








Ian McEwan. Espiazione. Einaudi, 2002



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