di Cosima Di
Tommaso
Letto nel 2012
questo romanzo è certamente un’opera di grande qualità culturale e storica, soprattutto della storia dell’arte
della miniatura, nel mondo islamico antico.
Tutto il libro è
un affresco di miniature antiche, che restituiscono le modalità umane e di
pensiero, che si snodano, capitolo per capitolo, attraverso ogni personaggio.
Pamuk offre ogni
volta, quasi inconsapevolmente, la descrizione minuziosa di una lama del suo
vissuto, proprio come fosse una miniatura dell’Impero Ottomano, offrendo così
al lettore un intreccio originale ma, a mio avviso, molto lento, essendo
appunto, in alcuni tratti, smisuratamente descrittivo. Muliebre la terminologia
tecnica, propria di quest’arte, riportata con precisione.
Piacevole e
raffinata la lingua.
Ecco, questi sono
alcuni dei passi salienti dell’unico capitolo, che mi ha veramente
appassionato.
‘’…Sono così
contento di essere rosso!
Mi brucia dentro,
sono forte, so di attirare l’attenzione, so anche che non riuscite a
resistermi.
Non mi nascondo.
Per me la finezza non si ottiene con la debolezza o la fragilità, ma con la
decisione e la forza di volontà. Mi faccio notare. Non ho paura degli altri
colori, delle ombre, della folla o della solitudine. Com’è bello riempire con il mio fuoco vittorioso una superficie che m’attende!
Dove mi espando io
gli occhi brillano, le passioni si fortificano, le sopracciglia si alzano, i
cuori battono forte. Guardatemi, com’è bello vivere! Contemplatemi, com’è bello
vedere. Io vedo ovunque. La vita comincia con me, tutto torna a me,
credetemi.’’
[…]
Un maestro
miniaturista esperto di colori pestò e polverizzò con le proprie mani nel
mortaio le migliori cocciniglie provenienti dai luoghi più aldi dell’India e ne
preparò cinque dramme, poi preparò una dramma di saponaria e mezza dramma di
lotor. Mise tre okka di acqua nel recipiente, ci buttò la saponaria e la fece
bollire.
Lo fece bollire il
tempo necessario a prendersi un caffè. Mentre lui beveva il caffè io mi
spazientivo come un bambino in procinto di nascere. Una volta che il caffè gli
ebbe aperto la mente e gli occhi, gettò nel recipiente la polvere rossa e la
mescolò ben bene… Adesso sarei diventato un vero rosso, la mia densità è
talmente importante, l’acqua non deve bollire a lungo inutilmente, ma deve
comunque bollire.
[...]
‘’…Prese un po’
d’acqua con l’estremità del bastoncino e la mise sull’unghia del pollice (le
altre dita on andavano assolutamente bene) Oh che bello essere rosso! Gli
tinsi l’unghia di rosso senza colare, la mia densità andava bene ma c’era del
sedimento.
Tolse il
recipiente dal fuoco, mi filtrò attraverso un tessuto pulitissimo e mi colò,
divenni ancor più puro. Poi mi mise sul fuoco, mi fece bollire ancora due volte
sino a schiumare, aggiunse un po’ di allume battuto e mi lasciò raffreddare.
Passarono un paio
di giorni, rimasi lì in fondo al recipiente senza mescolarmi a nulla.
Desideravo essere steso sulle pagine, ovunque e su ogni cosa, mi offendeva
stare così.
In questo periodo
di silenzio meditai su cosa significasse essere rosso.
Orhan Pamuk,
‘’Il mio nome è rosso’’, Einaudi
1 commento:
A parte l'errore nel titolo, Pamuk in questo libro non si attarda affatto a descrivere miniature, ma coglie il pretesto di uno scontro, anche mortale, tra miniaturisti di Istanbul per sottolineare la svolta epocale (anche sotto l'influenza dei veneziani) imposta dai sostenitori di una visione laica dell'arte, della cultura e quindi della vita contro i tradizionalisti conservatori e integralisti islamici che, in una interpretazione restrittiva del Corano, imponevano le loro censure alle rappresentazioni figurative. Per questo libro Pamuk è stato minacciato di morte dalla destra turca,
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