15 gennaio 2014

"Il mio nome è rosso" di Orhan Pamuk



di Cosima Di Tommaso

Letto nel 2012 questo romanzo è certamente un’opera di grande qualità culturale e  storica, soprattutto della storia dell’arte della miniatura, nel mondo islamico antico.
Tutto il libro è un affresco di miniature antiche, che restituiscono le modalità umane e di pensiero, che si snodano, capitolo per capitolo, attraverso ogni personaggio.

Pamuk offre ogni volta, quasi inconsapevolmente, la descrizione minuziosa di una lama del suo vissuto, proprio come fosse una miniatura dell’Impero Ottomano, offrendo così al lettore un intreccio originale ma, a mio avviso, molto lento, essendo appunto, in alcuni tratti, smisuratamente descrittivo. Muliebre la terminologia tecnica, propria di quest’arte, riportata con precisione.
Piacevole e raffinata la lingua.

Ecco, questi sono alcuni dei passi salienti dell’unico capitolo, che mi ha veramente appassionato.


‘’…Sono così contento di essere rosso!

Mi brucia dentro, sono forte, so di attirare l’attenzione, so anche che non riuscite a resistermi.

Non mi nascondo. Per me la finezza non si ottiene con la debolezza o la fragilità, ma con la decisione e la forza di volontà. Mi faccio notare. Non ho paura degli altri colori, delle ombre, della folla o della solitudine. Com’è bello riempire con  il mio fuoco vittorioso una superficie che m’attende!

Dove mi espando io gli occhi brillano, le passioni si fortificano, le sopracciglia si alzano, i cuori battono forte. Guardatemi, com’è bello vivere! Contemplatemi, com’è bello vedere. Io vedo ovunque. La vita comincia con me, tutto torna a me, credetemi.’’

[…]

Un maestro miniaturista esperto di colori pestò e polverizzò con le proprie mani nel mortaio le migliori cocciniglie provenienti dai luoghi più aldi dell’India e ne preparò cinque dramme, poi preparò una dramma di saponaria e mezza dramma di lotor. Mise tre okka di acqua nel recipiente, ci buttò la saponaria e la fece bollire.

Lo fece bollire il tempo necessario a prendersi un caffè. Mentre lui beveva il caffè io mi spazientivo come un bambino in procinto di nascere. Una volta che il caffè gli ebbe aperto la mente e gli occhi, gettò nel recipiente la polvere rossa e la mescolò ben bene… Adesso sarei diventato un vero rosso, la mia densità è talmente importante, l’acqua non deve bollire a lungo inutilmente, ma deve comunque bollire.

[...]

‘’…Prese un po’ d’acqua con l’estremità del bastoncino e la mise sull’unghia del pollice (le altre dita on andavano assolutamente bene) Oh che bello essere rosso! Gli tinsi l’unghia di rosso senza colare, la mia densità andava bene ma c’era del sedimento.


Tolse il recipiente dal fuoco, mi filtrò attraverso un tessuto pulitissimo e mi colò, divenni ancor più puro. Poi mi mise sul fuoco, mi fece bollire ancora due volte sino a schiumare, aggiunse un po’ di allume battuto e mi lasciò raffreddare.

Passarono un paio di giorni, rimasi lì in fondo al recipiente senza mescolarmi a nulla. Desideravo essere steso sulle pagine, ovunque e su ogni cosa, mi offendeva stare così.

In questo periodo di silenzio meditai su cosa significasse essere rosso.


Orhan Pamuk, ‘’Il mio nome è rosso’’, Einaudi




1 commento:

claorsi ha detto...

A parte l'errore nel titolo, Pamuk in questo libro non si attarda affatto a descrivere miniature, ma coglie il pretesto di uno scontro, anche mortale, tra miniaturisti di Istanbul per sottolineare la svolta epocale (anche sotto l'influenza dei veneziani) imposta dai sostenitori di una visione laica dell'arte, della cultura e quindi della vita contro i tradizionalisti conservatori e integralisti islamici che, in una interpretazione restrittiva del Corano, imponevano le loro censure alle rappresentazioni figurative. Per questo libro Pamuk è stato minacciato di morte dalla destra turca,