foto gianni quilici |
Ore 12.10. Vedo lo
spazio sterrato, al lato della strada, e parcheggio. Ai margini buttati là, due
cavalli di frisa, e dietro di essi rifiuti vari e sacchetti di plastica. Mi
sporgo e giù davanti ai miei occhi la bellezza del fiume, il Serchio. Ogni volta mi colpisce, prima
di tutto, il biancore fitto dei sassi del greto, poi l’acqua che scorre
tranquilla nel letto, ed ora uno dei rivoli secondari del fiume, che scende tra
sassi ricongiungendosi al letto, quasi crepitando.
Ore 12.30. Anchiano. “Viale Norvegia” leggo. “Che
strano la Norvegia che c’entra con
Anchiano?” penso. Dopo capisco. Ogni anno viene celebrata, il 1° maggio,
la sagra del baccalà norvegese, che nasce dal gemellaggio con la città
norvegese di Aaleseend, famosa appunto per il suo baccalà.
Parcheggio. Di
fronte alla porta di ingresso c’è un cartello storico-informativo. Esso ci dice
che Anchiano era già presente in epoca tardo-romana e che è stato il primo
castello della lucchesia. Si trovava, infatti, in una posizione favorevole al
controllo delle strade che andavano, l’una a Lucca; l’altra nelle Pizzorne.
foto gianni quilici |
Arrivano dei
bambini. Il più grande fa la quarta
elementare. “Siete tutti nati in Italia?”
chiedo poi. “Sì” rispondono in coro. “E siete fratelli e sorelle?” “No, siamo
singoli” risponde uno di loro, sorridendo, e nell’arruffio delle voci che
s’intrecciano “Io ho due fratelli…” “Io un fratello e due sorelle”, schiamazzando, se ne vanno. Li fotografo
da lontano, nella via che si allarga in due strade, ognuno separato dall’altro,
che continuano a parlare balzellando con l’irrequietezza irrefrenabile dell’infanzia.
foto gianni quilici |
Il paese ha la
chiesa di San Pietro in alto, in bella posizione, raccolta tra rocce e
vegetazione, ma la facciata neoclassica, nonostante la forma equilibrata, è
deludente nel grigiore del suo intonaco.
Bello, invece, il
campanile merlato, con bifore, di pietre bianche e grigie con base massiccia, che
termina con una cornice aggettante di solide pietre.
foto gianni quilici |
Sulla facciata
della chiesa leggo, invece, una epigrafe del 1920 in memoria di cinque
soldati morti nella prima guerra mondiale.
“Aleggi la prece
Nella dolce aura
natia
E dica loro in
cielo
La tenerezza
memore dei cuori”
Che fa pensare
quanto allora si cercasse di legittimare, sublimandolo con un linguaggio
aulico, dietro cui serpeggiava la retorica cattolica e nazionalista del
sacrificio, la morte di giovani uccisi in una guerra sciagurata e criminale. Come
contraltare, su un masso di marmo, è
stata, invece scritta, nel 1998,
a tutti i caduti, un’epigrafe molto bella nella sua
verità e asciuttezza “ Nulla è perduto con la pace, tutto è perduto con la
guerra”
foto gianni quilici |
Dall’alto il paese
ha il fascino malinconico della mattinata grigia nelle case silenziose, che
appaiono quasi indifese, con alcuni comignoli da cui spuntano sbuffi di fumo,
contro lo sfondo scuro del monte.
Scendo lungo la
via della Chiesa con i sassi inseriti a costellazione, imbocco la via delle
mura e arrivo ad una porta-galleria, che
dà sulla campagna. Il paese ha una sua unitarietà medievale, pur tra strade e vicoli,
case gialle e case bianche, case in vendita e case ristrutturate, case abbandonate e case con belle
cornici. E’ l’ora di pranzo. Il paese sembra deserto. Vengo via pensando a quanta vita c’è dentro,
che non si conosce!
Viaggio in Media Valle: Anchiano. Lunedì 13
gennaio 2014.
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