Dolente,
ma non disperato, questo Verso nord, secondo romanzo di Willy
Vlautin, leader e cantante dei “Richmond Fontaine”, uno dei più famosi e
riconosciuti gruppi musicali di alternative
country.
Il libro, apparso negli Usa nel 2008 e tradotto da Quarup, piccola
ma perspicace casa editrice italiana, è, infatti, simile a una ballata triste,
carica dei malumori circolanti negli States
affacciati sul precario balcone di questo nostro difficile inizio di
millennio.
Ne è protagonista Allison, poco più di vent’anni, “un aspetto
ordinario, magra con i capelli neri e gli occhi blu”. Una ragazza come tante
che, però, vive e soffre una quasi patologica anomia e un’altrettanto grave
caduta di autostima: alle sue spalle e nel suo avvenire una famiglia, a dir
poco, “volatile”, studi interrotti troppo presto, un presente fatto di
lavoretti insulsi, presi e lasciati. Inetta a tutto, Allison si ubriaca spesso,
ma non volentieri anzi quasi coattivamente, di vodka e 7up e subisce la
relazione con Jimmy, un giovanotto dalle idee poche e confuse, strafatto di
amfetamine e imbrancato con gentaglia xenofoba e razzista. Un rapporto ambiguo,
intriso di violenza implicita ed esplicita e Allison ne reca i segni sul corpo:
non solo lividi, ma anche un paio di tatuaggi “appena sopra il culo, dove
portava tatuata una svastica nera delle dimensioni della moneta di un dollaro”.
Subito sopra, sulla parte sinistra, portava un tatuaggio con il simbolo della
Chiesa Mondiale del Creatore. Un cerchio con iscritta una grande M”, un segno
di riconoscimento dei suprematisti bianchi. Una vita a cielo chiuso, a cui
Allison non trova di meglio che reagire con pratiche autolesionistiche, oppure
affidando i suoi pensieri, veri e profondi, a brevi scritti di sincerità totale
con se stessa, subito precipitosamente eliminati. O anche colloquiando con…
Paul Newman, non solo il suo attore preferito di cui conosce a memoria tutti i
film, ma surrogato fantastico della figura paterna che la consiglia senza
giudicarla. Disarmata, fragile, perdente, abituata a subire senza protestare,
ad accettare supinamente le scelte degli altri, perennemente impaurita, la
ragazza non sembra avere grandi possibilità di risalire la china in cui la sua
storia e le sue debolezze la stanno spingendo. Ma Allison è un personaggio
resiliente: non si spezza e resiste, si adatta e reagisce, cerca, con
sofferenza, nuove strategie di sopravvivenza e nuovi equilibri. Cambia città e fa nuove amicizie;
intraprende un nuovo lavoro e chiude con l’alcool e con l’autolesionismo;
decide di farsi cancellare quei tatuaggi aberranti e inizia una storia d’amore
finalmente nutrita di amicizia e rispetto. Sono in pochi ad assecondare questo
percorso di trasformazione: un maturo camionista che ha conosciuto il dolore,
una coppia di anziani che intravvede nella ragazza i lineamenti della propria
figlia, una donna obesa che l’ aiuta, ed è aiutata, a vincere la solitudine e
un giovane invalido reso tale dalla violenza insensata che attraversa i nostri
giorni.
Un finale interlocutorio, ma aperto a una speranza non facile né
consolatoria, rende il romanzo di Vlautin unico nel panorama letterario Usa
d’inizio secolo: un libro, per dirla con le parole dell’autorevole “San
Francisco Chronicle”, che “ci viene incontro con la forza della realtà e
questo, ai nostri tempi, è una sorta di trionfo”.
Willy Vlautin, Verso nord, quarup. collana Badlands, traduzione di Alessandro
Agus, pp. 190, Euro, 14,90.
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