Un
viaggio affascinante
nella Parigi
di Robert Doisneau
di Gianni Quilici
Genova. Palazzo Ducale. Lo scorso anno
Steve McCurry; quest’anno Robert Doisneau. Due grandi fotografi: uno del
colore, l’altro del bianco-nero; uno del vasto pianeta; l’altro di Parigi.
La mostra di Robert Doisneau, più di 200
scatti, chiuderà il 26 gennaio e, a chi può, consiglio caldamente di non
perderla.
Perché è un
viaggio affascinante nella Parigi muta e viva negli anni che vanno dal 1934 al
1991.
E perché Robert Doisneau è un poeta. Tutti gli
artisti, in quanto tali, si potrebbe obiettare, sono poeti. Ci sono, però, modi
diversi di esserlo. Doisneau lo è in modo diretto, perché coglie immediatamente
il nucleo dell’emozione. Il suo rapporto è doppiamente poetico: perché ama i
soggetti che ritrae e riesce a trasmetterli nella loro verità, profondità,
silenzio. E questo perché stabilisce una relazione con i soggetti empatica e
fraterna, anche quando lo scatto è divertito, divertente. E’, si potrebbe dire
con Brecht, “la semplicità che è difficile a farsi”.
Vediamolo da
vicino.
In primo luogo
Robert Doisneau ha scelto come campo di esplorazione fotografica la sua città,
Parigi. E lo ha fatto attraverso un orizzonte ampio, che la mostra stessa e un
video, visitabile alla fine del percorso Robert
Doisneau, tout simplecement di Patrick
Jordu, abbondantemente documentano: dalla guerra alle barricate, dal lavoro
di fabbrica alle centinaia di lavoretti di strada, dai mercati ai bistrot, dai
balli agli spogliarelli, dagli atelier di moda alle gallerie d’arte, dai lungo
Senna ai giardini, dalle strade del centro agli spazi aperti e desolati delle
periferie, dai cani ai gatti, dai baci ai giochi; tra gente di tutti i tipi e
di tutte le età: dal clochard all’alta borghesia, dai bambini alle puttane.
Con una
predilezione a fotografare ciò che lui più amava:
“Quello che io cercavo di mostrare era un
mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove
avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una
prova che questo mondo può esistere”.
Questo mondo è la
Parigi popolare, umiliata, ingenua, che si arrangia, che lavora, che passeggia,
che si diverte... E’ anche la Parigi degli artisti. Pittori, scrittori,
registi, attrici, colti nel loro quotidiano vivere in alcuni straordinari
ritratti. Prevert e Picasso, Bunuel e Orson Welles, Queneau e Simone De
Beauvoir, Giacometti e Sabine Azéma, Simenon e Juliette Greco, per citarne
alcuni.
Ma Doisneau non ha
vissuto con gli occhi chiusi. La sua foto è anche critica, accusatoria. Lo è in
modo netto, esplicito. Lo è contro la distruzione del mercato di Les Halles, di
cui amava l’incredibile varietà umana. C’è una foto emblematica: l’enorme buco,
su cui sorgerà il Centre Pompidou e su cui volteggiano sullo sfondo, in
contrasto con il biancore di palazzi
settecenteschi, uccelli, forse piccioni,
in controluce, neri. Lo è soprattutto nelle ultime foto: la distruzione di
palazzi e di vegetazione per far posto a
grattacieli anonimi in uno scenario di terra bruciata.
Prendiamo uno
degli scatti più formidabili, anche perché più difficili a farsi. Non
so se questo sia l'unico o uno di una serie di scatti che Robert Doisneau ha
realizzato in questa situazione.
Ciò che mi pare certo è che ha toccato l'attimo, quel velocissimo momento in
cui tutto miracolosamente è al suo posto.
Come si potrebbe intitolare una foto del genere?
Gli sguardi, ho pensato.
Lo sguardo dell'uomo sul quadro, del cane sul
fotografo, del pittore sulla modella-quadro, del fotografo sull'insieme.
Sguardi che formano una geometria, linee che non
s'incontrano, ma interessati tutti a ciò che osservano. Sguardi insomma, più
esattamente qualità degli sguardi.
Il cane stupito-meditativo, il pittore imperscrutabile
e, elemento centrale, l'uomo, con il suo
cappotto e cappello da borghese anni '50, le mani dietro le spalle
(interessante sociologicamente), che si sporge curioso e furtivo per cogliere
la pittura osé.
C'è poi un quarto personaggio, di cui si intravedono
appena le scarpe femminili e la caviglia. Forse la modella del pittore. Forse
no.
C'è in questo grande fotografo-poeta francese della quotidianità un'ironia
affettuosa, che ci fa sorridere, ma sopratutto ci tocca, perché ci rende in quello scatto un mondo, lo
immortala con una perfezione formale, in cui nulla è inutile e tutto
significativo, anche quegli alberi nudi, quei lampioni, quel cielo grigio.
Mostra di Robert Doisneau. Paris en
liberté. 29 settembre 2013
- 26 gennaio 2014. Genova, Palazzo
Ducale nel sottoporticato
da Loschermo.it del 3 gennaio 2014
Nessun commento:
Posta un commento