11 gennaio 2010
“ Coppia di amanti in un caffè” di Brassaï
di Gianni Quilici
E' una delle foto più famose di Brassaï . Una di quelle foto, che, riprodotta in cartolina, facilmente si acquisterebbe.
Perché c'è l'atto: la seduzione del bacio. Ci sono i volti: lui e lei (intravisti). C'è l'atmosfera: il caffè notturno. Può trasmettere un desiderio. Il desiderio di esserci.
Però se a quel punto il nostro sguardo evapora sazio, la foto non si conquista. Si consuma. Non è nostra. Non si colgono i dettagli. Non si coglie l'insieme. Perché qui c'è sapienza dell'inquadratura, felicità della scelta dell'attimo, forse anche fortuna, come spesso succede.
Al centro Lei e Lui. Lui si sta avvicinando alle labbra di lei, una mano sui suoi fianchi; lei sorride, un sorriso di trionfo e di gioia, di provocazione e di sfida. Non è lui che sembra condurre il gioco, ma lei. Non vittima, semmai preda da conquistare. Ed anche la sigaretta tra le dita, siamo nel 1932, le unghie laccate, il bicchierino dinnanzi suggeriscono un tipo di donna con una certa autonomia.
Nella centralità dei due corpi, il volto di lei è evidenziato e scolpito, quasi fosse incorporeo, dal nero profondo dei vestiti e del buio.
Non solo: i due sono collocati in un angolo tra due specchi, incrocio di linee che li riflette in due triangoli: in uno Lui con gli occhi abbassati, i capelli lisci impomatati con la scriminatura centrale; nell'altro specchio Lei con la bocca aperta, protesa, gioiosa, provocante, ma ancora libera dalle labbra di Lui.
Cosa manca, mi viene da chiedermi, per essere uno scatto perfetto di “seduzione”? Né l'attimo, colto nel momento in cui rimane sospeso; ne' la composizione equilibrata fra il nero ed il bianco-grigio e tra il taglio dell'inquadratura che seziona a metà gli specchi ed i riflessi di essi. La cosa stupefacente (e qui c'entra anche quel briciolo di fortuna che la realtà spesso dona) è che gli specchi aggiungono inquadrature nuove che completano l'attimo: il volto di lui, che altrimenti sarebbe nascosto; e la distanza che li separa, che nello scatto diretto è quasi annullata.
Brassaï. Coppia di amanti in un caffè. Place d'Italie. Paris, 1932.
Due o tre cose su Brassaï
Gyula Hal ász , conosciuto con lo pseudonimo di Brassaï, fotografo ungherese, nasce a Brasov il 9 settembre 1899. A soli tre anni Brassai si trasferì con la famiglia a Parigi; suo padre fu professore di letteratura alla Sorbona. Imparò il francese leggendo Proust e Prévert. Di quest'ultimo e di Henry Miller diventò grande amico, frequentando l'arrondissement di Montparnasse.Una volta radicato nelle viscere del territorio parigino, la sua attenzione fotografica nei confronti della città diventò assoluta.Amò Parigi di notte o sotto la pioggia, le ville, i giardini, il lungosenna e le stradine senza tempo dei quartieri antichi. Adottò lo pseudonimo di Brassai in memoria della sua terra d'origine (significa "di Brasov" - Brasso, in ungherese).
Nel 1933 pubblicò il suo primo libro di fotografie, "Paris de nuit", che riscosse un grande successo, soprattutto nell'ambiente artistico. Miller lo soprannominò "l'occhio di Parigi".Si interessò anche all'alta società, agli intellettuali, al teatro e all'opera.
Immortalò, tra gli altri, Salvador Dalí, Pablo Picasso, Henri Matisse e Alberto Giacometti.